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7 femmine per un sadico

Regia di Michel Lemoine vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 7 femmine per un sadico

di undying
6 stelle

Un film puramente sadiano, diretto da un attore/regista in grado di mostrare, spingendosi oltre la consuetudine del "politicamente corretto", corpi femminili e sensuali, in uno stato di inappellabile, perciò perturbante, condizione remissiva.

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Il conte Boris Zaroff (Michel Charles Lemoine) presenta sintomi di schizofrenia, tenendo talvolta comportamenti da personalità contorta e dissociata. Vive in una lussuosa tenuta nella quale, assistito dal fedele factotum Karl (Howard Vernon), dà sfogo a sadici istinti, orientandosi contro fragili e innocenti fanciulle: si diletta praticando vere e proprie "battute di caccia alla femmina", durante le quali non pone freno alla follia del suo comportamento, abbandonandosi a scatti d'ira ingiustificati, imprevedibili, dalle mortali conseguenze sulle indifese e disarmate vittime. Nel castello, lo scoprirà una coppia rimasta in panne con l'auto e lì finita a chiedere ospitalità, è presente anche una vera e propria camera delle torture. Ma Zaroff, talvolta, sembra scrutare oltre. Forse è solo pazzia, o forse c'è dell'altro nelle visioni che sperimenta. Sono visioni sfuggenti ma realistiche, che sembrano avvalorare l'ipotesi di una presenza impossibile, quella della defunta Anne (Joelle Coeur). Una ragazza per la quale nutre tristi e malinconici ricordi, che lo conducono sempre più spesso all'interno di un cimitero, alla ricerca di una cripta...

 

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"Le persone tristi si riconoscono. Sono quelle che per un attimo parlano, straparlano, dicono cazzate infinite; poi l’attimo dopo le vedi fissare il vuoto, in silenzio, lo sguardo perso, la mente chissà dove".

(Anonimo)

 

Se, come probabile, questo è vero, allora il conte Zaroff risponde in pieno al profilo tracciato: perché talvolta fissa il vuoto, talaltra se ne sta silenziosamente assorto, con sguardo spento, puntato "altrove". Con occhi lucidi, che sembrano vedere attraverso un'altra dimensione. Non che sia giustificabile il suo operato, né tantomeno accettabile il suo atteggiamento misogino e antisociale. Ma che qualcosa d'altro, magari una forza esterna, demoniaca, forse un istinto irrazionale e animalesco - del quale la presenza di enormi mastini potrebbe esserne un'allegoria non troppo velata -, contribuisca a indebolire la sua fragile mente... sembra essere fuori discussione. E il finale (sintetico fin che si vuole), con Karl in auto e un passeggero inatteso sul sedile posteriore, sembra suggerire che la dimensione ultraterrena in questa specifica circostanza abbia travalicato, attraversato ed inglobato (divorandosela) quella umana.

 

"Povera ragazza: la sua condizione le impedirà di lamentarsi per le sevizie che lui le infliggera'... e per l'astinenza dalla quale sarà condannata".

(Karl, Howard Vernon)

 

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Michel Charles Lemoine interpreta il protagonista discretamente bene e allo stesso tempo dirige con cura un film piccolo piccolo, per budget ed enormemente ambiguo, invece, nelle intenzioni. Un film infinitamente povero in senso di mezzi e disponibilità economiche messe a disposizione dall'avara produzione. Les week-ends maléfiques du Comte Zaroff (il titolo numerico non c'incastra per nulla, sbagliando la conta) trae però enorme profitto proprio dalla semplicità di messa in scena. Così, il lungo e affascinante (per quanto pure crudele e consapevolmente fittizio) inseguimento iniziale tra i campi e il bosco, ai danni di una preda umana che, senza nulla indossare, corre disperatamente in cerca della salvezza, anticipa in maniera impeccabile il tenore morboso che il regista intende trattare. L'efficace colonna sonora, opera di Guy Bonnet, contribuisce a rendere particolarmente d'effetto il contesto sadiano che si ripete, nel rispetto della premessa, con una successiva, sconvolta, ragazza testimone del mutamento d'umore (sconfinante nel maligno) per il quale Zaroff è al tempo stesso vittima e compiaciuto esecutore. Non c'è, stavolta, inseguimento con cane e cavallo, quanto una sadica rincorsa (sempre nel mezzo di una natura pura e incontaminata) con una macchina. E l'impari competizione si chiude, come prevedibile, in tragedia. Un'autostoppista, una impiegata, una coppia rimasta a piedi con la macchina... e nulla sappiamo delle precedenti vittime di Zaroff, ma poco conta: il movente, nel senso etimologico del termine (impulso, stimolo, motivo che induce a compiere un'azione) è oscillante tra depravazione morale e sadismo: ovvero cieco, puro e per questo davvero spaventoso, edonismo. Perché a muovere verso azioni omicide la mano del conte è solo il puro divertimento. Un gioco, macabro e spietato, fine a se stesso. Le vittime non hanno alcun legame con l'assassino. Il caso, e solo il fato, ne determina volti, nomi e persino la drammatica "fine". Il soggetto di Sette femmine per un sadico sembra arrivare dritto dritto dalle penne che sceneggiavano fumetti neri (dello stesso periodo guarda caso) per adulti tipo Oltretomba o Terror. Ma attenzione: non quelle della fase finale (primi Anni '90) dove ad oscurare le trame, erano le sempre più audaci ed estreme vignette pornografiche. Qui per quanto lieve è presente un discorso sulla moralità, sul Bene e il Male, sull'amore (perché in conclusione di questo si tratta). Un amore perverso, malato, distorto, indirizzato verso il corpo femminile, che da tanta morbosa attenzione ne esce magnificato, esaltato, idolatrato. E basti qui citare l'ammaliante scena con gli specchi, mentre riflettono, moltiplicandola all'infinito, la sensuale silhouette della stupenda Natalie, completamente nuda, assorta ad ammirare se stessa. Così si esprime il conte, parlando tra sé e sé, mentre (non visto) spia da uno vetro semiriflettente lo spogliarello della seducente ragazza:

"Abbandonati ai sortilegi dello specchio, perché apre un mondo meraviglioso da dove si liberano le nostre immagini. Avvicinati a questa gabbia, allodola gentile. Non è in uno specchio che ti rifletti, ma nel mio sguardo. L'importante è lo sguardo, non la cosa guardata."

 

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Curiosità 

 

Il titolo italiano del film diretto da Lemoine segue la moda che precedentemente aveva interessato il giallo italiano: quello tangente alla titolazione zoonomica derivata da Argento, ovvero con numero nel titolo. Se per primo (tanto per cambiare) ad iniziare "il conteggio" è Mario Bava (Sei donne per l'assassino, 1964), agli inizi degli Anni '70 il numero "sette" la farà da padrone. Ecco dunque apparire manifesti cinematografici con questo numero nel titolo: Sette orchidee macchiate di rossoSette scialli di seta giallaLa dama rossa uccide sette volte Sette cadaveri per Scotland Yard. Ma il cabalistico numero proseguirà ad apparire in qualche altro film, anche dopo questo Sette femmine per un sadico, ad esempio in una manciata di horror/thriller tipo La settima donnaSette note in nero e 7 Hyden Park.

 

Anche il film diretto da Leandro Lucchetti nel 1991 (Caged - Le prede umane), si apre con una battuta di caccia "alla donna": qui la vittima in fuga è tenuta a vista, sotto tiro, con inquadratura della corsa fatta attraverso il mirino di un fucile. 

 

Citazione 

 

"Adoro le ore della notte. La nostra coscienza sente il fremito di quanto già esistito in lontananze sconosciute. Quando i nostri istinti si scatenano, affossano il senso più profondo della vita".

(Conte Zaroff, Michel Lemoine

 

Disponibile in Dvd per conto della Mosaico Media, in una discreta versione video (1.78:1) ed audio. Ma della durata di 74 minuti contro gli 82 indicati su imdb.

Si è qui preso visione della copia n. 274 di 999.

 

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"Sadismo e masochismo occupano una posizione speciale tra le perversioni, perché il contrasto tra attività e passività che li caratterizza è tra gli elementi fondamentali della vita sessuale. La storia della civiltà umana mostra, al di fuori d'ogni dubbio, che esiste un intimo rapporto tra la crudeltà e l'istinto sessuale."

(Sigmund Freud)

 

OST (Guy Bonnet)

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