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Come, Closer

Regia di Jong-kwan Kim vedi scheda film

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La recensione su Come, Closer

di OGM
8 stelle

L’amore è un discorso a parte. È il concetto ideale intorno a cui ruotano gli affanni di uomini  e donne, tesi a superare le distanze e a fare della diversità un punto di forza. In un mondo ideale, le differenze darebbero origine alle unioni, invece nella nostra realtà possono, tutt’al più, diventare lo spunto per un confronto basato sul dialogo. Le parole volano, alte o basse, si perdono in lontananza o si scontrano con l’ostacolo dell’incomprensione. In questo film a episodi, cinque coppie provano a dirigerne le acrobazie, cercando di mantenerle in aria, preservandole dal duro contatto col suolo. In questo rimbalzo ognuna delle parti si definisce come un essere incompleto, desideroso di qualcosa, magari anche solo di un po’ di chiarezza. Il giovane Gruzek, che ha perso i contatti con la sua fidanzata Ania, ha soprattutto bisogno di raccontarsi,  e per questo resta a lungo al telefono con Hyo-Seo, la ragazza coreana sconosciuta che lo sta ascoltando dalla parte opposta del globo. E a lei piace sentire lui, mentre descrive il clima di Rotterdam e lo paragona a quello della Polonia, la sua patria.  A Se-Yun è giunta voce che il suo amico Young-Soo sia omosessuale, e allora va a casa sua per sedurlo, e per scoprire se è vero quello che si dice in giro. C’è un limite da superare, ed occorre capire, poco alla volta, fino a che punto sia possibile spingersi. I confini invalicabili esistono, eccome. Tra Eun-Hee ed il suo ex fidanzato è tutto finito, e a nulla valgono le insistenze di lei, che lo perseguita, lo accusa, lo provoca. Ma intanto lui, che si è ormai legato ad un’altra donna, è afflitto da sensi di colpa, che gli confondono le idee, e che premono per venire alla luce. L’intimità di Young-Soo non appartiene più al suo compagno Woon-Chul, perché nel frattempo  è stato a letto con una ragazza, della quale dice di essersi innamorato. Eppure i legame tra i due giovani è di vecchia data: era nato tra i banchi del liceo, quando l’uno, timido e poco appariscente, sognava di essere l’altro, brillante ed intraprendente. Nel passato di ognuno c’è stato qualcosa da cui è partita una storia che ha poi imboccato una strada sbagliata. Hye-Young e Ju-Young fanno parte della stessa band, nella quale lei canta e lui suona la chitarra: sono colleghi ed amici da diverso tempo. Forse è  stata questa complicità – e non il fatto che lei abbia sei anni più di lui -  ad impedire che tra loro sbocciasse un sentimento più profondo. Il loro rapporto è troppo sincero e disinibito, e a nulla serve il fatto che, dal loro scambio di idee, emerga una grande affinità di vedute sulle questioni di cuore, come il dilemma che oppone la scelta della passione alla ricerca della stabilità.  Molti li scambiano per fidanzati, perché sembrano fatti l’una per l’altro;  in realtà, tra di loro, la curiosità è ormai  morta, e si è tristemente spenta ogni emozione. Verso l’esterno trasmettono un’immagine di armonia, che, però, è del tutto priva di trasporto. Non ci può essere più tensione, né mistero, dato che, continuando a frequentarsi, hanno finito per assomigliarsi, per dire le stesse pessimistiche idiozie sulle cose della vita. Si sentono soli e si comprendono perfettamente, ma non hanno voglia di mettersi insieme.  Il giovane regista coreano Kim Jong-Kwan ci regala un melanconico viaggio attraverso le storie d’amore che si perdono: tutte, in fondo, allo stesso modo, e tutte senza un vero perché.  I loro protagonisti sono persone che non hanno nessun vero motivo per sperare ancora, eppure, paradossalmente, non smettono di cercare, aspettando un nuovo inizio che riproponga  le illusioni  e gli errori di sempre. L’atmosfera è ferma, immobile nell’attesa che tutto si ripeta uguale, eludendo le grandi domande, e restando ancorato ai momenti che sfuggono alla ragione, però restano saldamente ancorati nella memoria.

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