Regia di Tobe Hooper vedi scheda film
Un sodalizio completamente atipico quello fra il celebre regista delle produzioni mainstream (un’ancora giovane e già famoso Spielberg) ed uno dei pionieri dell’horror indipendente anni ’70 (Hooper). L’impronta del primo, tuttavia, è ben sentita fin dall’intro della trama. Ci troviamo infatti all’interno di una classica famigliola americana del ceto medio. Mentre il babbo schiaccia un pisolino in tarda serata, la piccina dei tre figli, una candida biondina con gli occhi azzurri di soli quattro anni, viene richiamata da strane interferenze provenienti dalla tv. Toccando lo schermo scopre che in realtà esso si è trasformato nella superficie labile di un’altra dimensione, dove alcune “demoniache presenze” vogliono essere raggiunte nell’aldilà. Dopo i primi fenomeni soprannaturali i quali tormenteranno la quotidianità dei cinque abitanti, gli spiriti balzeranno fuori dall’altro mondo per infestare l’abitazione. Durante una notte la bimba viene risucchiata da una fascio di luce che conduce al regno dei non viventi, costringendo i terrorizzati genitori ad ingaggiare tre esperti del paranormale ed un medium per riportarla nella realtà. È avvertibile fin da subito quindi la sinistra metafora del media televisivo, nell’era della sua maggior diffusione, ma "Poltergeist" è anche una favola sull’importanza di un nucleo familiare unito e compatto, nonché un’escalation di quelle che probabilmente sono state le paure ed i turbamenti di una pre-adolescenza non esattamente felice dell’autore di "E.T".... La spettacolarità scenica è assicurata dalle affascinanti creature realizzate dai supervisori dell’Industrial Light & Magic: gli ingegnosi John Bruno e Richard Edlund, veri maestri degli effetti cinematografici artigianali, collaboratori in altri mega incassi al botteghino, tra cui "Return of Jedi", "Fright Night" e "Ghostbusters", hanno messo in evidenza il loro inimitabile intuito creativo per questo genere di storie; è interessante notare come l’intensità delle fonti luminose, durante le apparizioni dei fantasmi, riesca a rappresentare questi senza mai chiarire per intero la loro forma/articolazione “corporea”, e perciò lasciando un alone enigmatico alla loro “fisicità” tangibile. Meno levigata invece si rivela la parte conclusiva, che sebbene non scada nella “baracconata”, presenta comunque una panoramica ultraterrena usuale e meno limata nella caratterizzazione della suspense: la valida sceneggiatura, dal canto suo, riesce a mantenere un ritmo sostenuto, grazie ad un cast di bravi interpreti, ed ovviamente una buona direzione, specie per la piccola Heather O'Rourke, che nonostante l’età piuttosto puerile, mantenne rettamente la concentrazione durante tutte le riprese. Purtroppo il futuro da bambina prodigio della fanciulla si spense nel corso della lavorazione del terzo capitolo (uscito sei anni dopo), a causa di un’infezione intestinale acuta. La sua frase «They're he-eere!» è rimasta una delle più popolari del cinema fantastico statunitense.
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