Regia di Justin McMillan, Chris Nelius vedi scheda film
La voce di Toni Collette, vellutata e sirenesca come si conviene al narratore di un’epica, ci invita a infilare l’occhio nella vertigine blu che ipnotica si assottiglia. Temerari cacciatori di tempeste perfette, leggendari surfisti australiani cittadini del mare, Tom Carroll e Ross Clark-Jones si fanno pedinare per un inverno sul filo dell’onda: la macchina da presa può (in)seguirli ma non catturarli perché appartengono all’oceano, e il rischio costante è che in un tripudio di spuma se li riprenda. I registi Justin McMillan e Christopher Nelius abbracciano il pericolo stemperandolo in un turbinio di flutti che toglie il fiato e annichilisce a tratti il principio di realtà: lo spigolo letale della scogliera e l’ignoto spazio profondo dell’acqua suonano come un refrain in sottofondo, ma la morte perde gradualmente i suoi minacciosi contorni, arrendendosi alla vita che sprizza sale. Capriole incredibili e parole entusiastiche, offerte alla macchina da presa senza il contagocce, sono esaltate da una stereoscopia che magnifica ma non mistifica: l’uomo sulla tavola è un dio che non può dividere le acque eppure si ostina a cavalcarle, e addirittura s’indigna quando miracolosamente si schiudono al suo passaggio senza spumeggianti complicazioni. L’oceano reclama il ragazzo che vive nell’uomo e rivela l’uomo nascosto nel ragazzo, spiegano questi due bambini (mai del tutto) cresciuti, padri affettuosi che sulla soundtrack orchestrale con climax rockeggiante trovano se stessi in un moderato delirio di onnipotenza.
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