Regia di Annarosa Morri, Mario Gianni, Wilma Labate, Felice Farina, Mario Canale vedi scheda film
Poco prima della sua morte suicida, avvenuta a 95 anni, Mario Monicelli accettò l'invito di rispondere alle domande di alcuni registi che ne hanno voluto ricostruire non solo la traiettoria artistica, ma anche quella umana e politica. Arrivato nelle sale (poche) a un anno di distanza dal pessimo Maestro di che!, anch'esso dedicato a Monicelli, i cinque registi esplorano altrettante dimensioni del regista viareggino, con incursioni non esattamente irrinunciabili nel privato: i matrimoni, le donne, la misoginia reale o presunta che fosse, l'anima politica perennemente collocata a sinistra, ma anche il primo lavoro come ciakista, gli oltre 60 film girati, i molti premi (Leone d'oro per La grande guerra; miglior regista al festival di Berlino in ben tre occasioni: Padri e figli, Caro Michele e Il Marchese del Grillo; David di Donatello per film come Amici miei, Un borghese piccolo piccolo, Speriamo che sia femmina e Il male oscuro, più vari altri allori), il lungo sodalizio con Steno, l'amicizia e il rapporto con Totò, lo scandalo suscitato dalle sue opere in più di un'occasione, le difficoltà nel trovare dei produttori che non storcessero il naso, le considerazioni sul mestiere del regista, sul rapporto con gli attori e sulle storie raccontate. Che poi sono sempre state la stessa, dice Monicelli: un gruppo più o meno ampio di persone male in affare che cercano di cimentarsi in un'impresa più grande di loro.
Impianto documentaristico classico e nessun guizzo analitico e interpretativo. Anche stavolta un'occasione sprecata per raccontare il più prolifico dei registi italiani.
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