Regia di Jazmín López vedi scheda film
Presentato al Torino Film Festival 2012 e nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia 2012, Leones è il primo lungometraggio della videomaker argentina Jazmìn Lòpez. Un film invisibile reso visibile, e quindi vivo, dal sito di streaming on line Filmtvod.it. che finalmente permette di allungare lo sguardo su quello che la distribuzione istituzionale molto, troppo spesso, cassa. Film invisibili, dimenticati, interessanti o imperfetti come può essere questo, ma che meritano sicuramente una visione se non altro per essere a conoscenza della loro esistenza e per seguire lo sviluppo dell'opera degli autori. Filmtvod.it è sicuramente uno strumento importante.
Sebbene nei festival abbia suscitato curiosità e un certo interesse, Leones è non del tutto riuscito. Ancora acerbo nella scrittura e nella tenuta della durata per un lungometraggio. Eppure la mano c’è.
Tre ragazzi e due ragazze vagano in un bosco tentando di raggiungere la casa di uno di loro. La camera a mano li segue e li scruta, li spia e li perde per poi ritrovarli. I rumori del bosco si intrecciano ai discorsi ameni e giochi di seduzione dei ragazzi. Piano piano la consapevolezza della loro condizione comincia a fare breccia nelle loro vite.
La rappresentazione del bosco e i tempi inesorabilmente lunghi delle scene rimandano ad un cinema autoriale che ammicca a Malick nella fusione dell’uomo nella natura e Antonioni per i silenzi asciutti, personaggi persi al palesarsi della loro coscienza nella quale non si riconoscono, l'incomunicabilità (più un esplicito omaggio a Blow up nella scena mimata della partita di pallavolo. Nel film di Antonioni, era il tennis). La regista è brava, e qui si vede l’esperienza della ripresa da videoartista, nella capacità di trasformare il bosco da lussureggiante luogo fisico a non luogo metafisico e ipotetico. La camera a spalla della regista sembra il sesto componente del gruppo di ragazzi, li segue e li filma di spalle in un pedinamento (personaggi che entrano ed escono dal campo della macchina da presa) che a volte seduce, a volte risulta un mero espediente per prendere tempo. La camera da presa è come uno spirito errante testimone dei fatti. Quali fatti? Non si dice, per non rivelare la sorpresa. Che però sorpresa vera e propria non è visto che ad un occhio un minimo esperto e a indizi chiaramente scoperti, la situazione apparirà subito molto chiara. Da questo punto in poi, dalla consapevolezza di quello che si sta vedendo lo spettatore non farà altro che seguire i ragazzi nel loro peregrinare annoiandosi un po’. Ma Antonioni, se questo deve essere un modello, annoiava meglio.
Il problema di questo film è che gira tutto intorno ad un’idea, una sola. Idea che non ha né un antefatto né uno svolgimento vero e proprio. Inerte anche la simbologia che mai si presta a integrarsi nello sviluppo narrativo e rimane a galleggiare nell’incertezza di una interpretazione che mai trova uno sbocco reale. Sarebbe materiale per un corto, quale è questo film diluito non si sa quanto per esigenze autoriali piuttosto che per raggiungere una durata commerciale. Se questo dona all’opera un’aura ipnotica e onirica che può suscitare una certa attrazione, è anche vero però che il nulla, purché filmato bene, è sempre il nulla. A differenza di altre opere simili, spesso opere prime, Leones però non è un film arrogante, non aggredisce lo spettatore con la supponenza dell’etichetta autoriale. I difetti evidentissimi sono solo d’esperienza e della mancanza di una scrittura solida che ne stratifichi la visione. Attendiamo quindi con fiducia Jazmín López all’opera seconda.
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