Regia di Frédéric Fonteyne vedi scheda film
Il belga Frédéric Fonteyne torna 13 anni dopo la miniatura eroticosentimentale di Una relazione privata passata e perduta, e 8 dopo La donna di Gilles, laconico dramma proletario d’amore tradito. E con questo Tango libre, premio speciale della giuria di Orizzonti a Venezia 69, abbandona il tono mesto su cui ripiegavano i film precedenti. Alice fa l’infermiera, è madre di un figlio preadolescente, ma anche moglie di Fernand e amante di Dominic, amici oggi rinchiusi in prigione per rapina e omicidio. Quando lei si reca a visitare i suoi due uomini, scopre che Jean-Christophe, con cui segue un corso di tango, è secondino nel carcere: l’equilibrio miracoloso del triangolo precipita. E il quartetto comincia a suonare il suo folle concerto. Tragicommedia a rotta di collo, pastiche di generi e colori che si susseguono precipitevolissimevolmente, Tango libre mette in abisso uno spettatore, un uomo abituato a guardare gli altri vivere. E lo fa invitandolo al ballo sfrenato di un cinema leggiadro, che sa tracciare tensioni complesse (amicali ed erotiche, sentimentali e sadomasochistiche) e comunque negarsi allo psicologismo (Fonteyne rimane un virtuoso dell’atmosfera, della sottrazione), definendo i suoi personaggi nel febbrile fluire dei fatti. Tra Leconte e un Blier ammorbidito, un film medio d’autore che si disimpegna nei generi, lasciando un fugace post-it rivolto al cinema d’oggi. Sopra c’è scritto un innocuo e sognante messaggio: «Dalle prigioni della crisi, dalle secche del reale, si può pensare d’evadere».
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