Regia di Daniele Incalcaterra, Fausta Quattrini vedi scheda film
5000 ettari nel Chaco - che i conquistatori spagnoli definirono “El impenetrable”, e che è la seconda
foresta, per estensione, dopo l’Amazzonia - sono parte di quel che Daniele Incalcaterra e suo fratello Amerigo ereditano alla morte del padre (funzionario d’ambasciata in Paraguay). Il regista italiano - docente a Parigi, residente (anche) in Argentina, responsabile di film come La nación Mapuche, diretto dalla coregista e compagna Fausta Quattrini - decide di fare un gesto idealistico, umano: restituire il terreno sottratto agli indigeni Guaraní dalla dittatura di Alfredo Stroessner (chiusasi nell’89 dopo 35 anni), in segno di personale risarcimento politico. Il gesto, apparentemente semplice, fatica a compiersi: di fronte a Daniele - e alla camera di Fausta che lo segue passo a passo - s’ergono le ottusità della burocrazia, le mappe d’ipocrisie storiche, gli ostracismi di latifondisti bellicosi e l’eco
mefitico di interessi economici multinazionali. Così, in presa diretta, un diario di viaggio muta in fieri in un paradossale western al contrario, stremato in situazioni da teatro dell’assurdo, perso in loop che è impossibile non dire kafkiani, e un cinema in prima persona irradia il suo sguardo oltre l’io, il qui e l’ora, divenendo in grado di raccontare un paese, lacerti di Storia, ingiustizie passate e presenti,
dettagli socioeconomici e prospettive future, mentre la mdp dondola tra lo stupore del paesaggio
e il corpo stanco di Daniele, Don Chisciotte per caso, ma utopista convinto.
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