Trama
Una misteriosa calamità si manifesta, prolungando l'inverno più del lungo. La primavera si rifiuta di arrivare, il paesaggio e gli animali continuano ad essere in letargo. Alice, Thomas e Octave, tre ragazzini di un piccolo villaggio belga nel cuore delle foreste delle Ardenne, lottano per dare un senso al mondo che intorno a loro sta crollando. Mentre Alice e Thomas sono innamorati, Octave osserva ciò che accade dalla sedia a rotelle a cui è costretto. Il trascorrere dei mesi porta a giorni di una mancata estate in cui la violenza degli altri abitanti del villagio è pronta ad esplodere e un'effimera gioia riappare grazie al passaggio di un apicoltore. Quando però ogni forma di civiltà rischierà di scomparire, un rito pagano sembrerà essere l'unica soluzione.
Approfondimento
LA QUINTA STAGIONE: UN PICCOLO VILLAGGIO DEL BELGIO
Peter Brosens e Jessica Woodworth hanno ambientato i loro due precedenti film in Mongolia e Perù, terre a loro lontane. La quinta stagione è girato invece girato nel loro Belgio, nel piccolo villaggio di Weillen, a due chilometri da Falaen. Weillen è un luogo isolato, situato in mezzo al nulla nel cuore delle Ardenne e abitato da una comunità rurale. Alcuni degli abitanti del villaggio sono stati scelti dai registi per affiancare il cast di professionisti, composto per la maggior parte da attori di origini fiamminghe. La fotografia di La quinta stagione porta la firma di Hans Bruch Jr., già direttore della fotografia delle opere del regista Gust Van Den Berghe presentate alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes. La scenografia è invece opera di Igor Gabriel, stretto collaboratore dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne. Rimanendo vicino ai colori dell'inverno belga, la luce scelta da Gabriel per le riprese è tenue mentre con il proseguire della narrazione i colori tendono a sparire insieme a tutti gli altri elementi della natura, impossibilitata a rinascere dal non arrivo della primavera.
UN INVERNO SENZA FINE
Concentrando l'interesse sulle tematiche ambientali, La quinta stagione con la sua composizione di piani sequenza al servizio delle scene e delle inquadrature si prefigura come un'opera che lascia spazio a diverse interpretazioni soggettive e personali, assegnando al cinema le stesse potenzialità di musica, architettura o pittura.
Estremamente difficile da girare e con un budget ridotto, La quinta stagione ha richiesto a tutta la troupe inventiva e pazienza. Le avverse condizioni climatiche dell'inverno di Weillen hanno costretto la produzione a cambiare piano di lavoro 27 volte in 31 giorni di riprese e agli attori è stato richiesto di sfidare il freddo indossando pantaloncini corti e maglietta per le scene estive.
IL SACRIFICIO UMANO
Per gli aspetti storici e folcloristici, i due registi hanno chiesto la collaborazione di un professore belga dell'università di Liegi e hanno condotto approfondite ricerche in archivi e musei. Ai contadini della zona invece hanno stato chiesto di raccontare la loro vita quotidiana e le loro ansie, nonostante la storia che avevano in mente sia frutto di fantasia e sia ambientata in un ipotetico futuro. A far da specchio al futuro vi è invece l'arroganza con la quale la comunità sceglie di rovesciare i cattivi presagi. Quando la comunità si disgrega e il mondo va verso la perdizione, il risorgere del mito del sacrificio umano sembra essere l'unica soluzione ma il solitario adoscente Thomas sceglie di trasformare l'atto espiatorio collettivo in sacrificio individuale, diventando un nomade spiritualmente e fisicamente.
Note
Brosens e Woodworth chiudono, nella propria terra natia, la trilogia sul rapporto tra uomo e natura cominciata con i bellissimi "Khadak" (girato in Mongolia) e poi "Altiplano" (in Perù). E con questo film di catastrofismo pagano propongono un B movie di ricerca, tra l’alto e il basso, un racconto folclorico che monda l’arte elitaria, tra l’apertura del cinema contemplativo e il geometrico formalismo del tableau vivant. Una forma obliqua che non s’accontenta ed è sempre in movimento: spinge quadri di Bruegel verso le morti di De Bruyckere, il medioevo di Bergman verso il cinema fantaetnografico di Ben Rivers, le suggestioni di Tarkovskij verso l’horror americano settantesco. E conferma l’ossessione del cinema contemporaneo per la creazione di nuovi, altri o antichi, mondi e per il loro fallimento, causa apocalisse.
Trailer
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Commenti (1) vedi tutti
Non esistono più le stagioni di una volta. Quella che potrebbe sembrare una battuta capace di ingrossare il frasario dei luoghi comuni, rappresenta l'assunto fondamentale del film, che gioca di sponda con la natura che si ribella e con il ribellismo caotico degli uomini. Per una storia straniante che riflette sullo stato comatoso del mondo.
commento di Peppe Comune