Regia di Jonathan Demme vedi scheda film
Dopo il film sui Talking Heads (Stop making sense) e i due documentari dedicati a Neil Young (Heart of gold e Journeys), che per lui aveva scritto il brano di chiusura di Philadelphia, Jonathan Demme torna a sottolineare il suo amore per la musica con un film che non ti aspetteresti, dedicato al polistrumentista partenopeo Enzo Avitabile. Affermatosi negli anni '80 nell'ambito di quella effervescente scena napoletana che trovò i suoi vertici in Edoardo Bennato e Pino Daniele (col quale militò in pianta stabile per alcuni anni), Avitabile partì dal funky, dal soul e dal jazz (nei suoi primi dischi si possono apprezzare le sue doti di sassofonista) per poi spostarsi sulla world music. Il documentario del regista di film come Una vedova allegra... ma non troppo e The truth about Charlie porta inaspettatamente alla ribalta questo campano verace, energico, dalla cultura musicale enciclopedica (impressionanti i suoi archivi sulle scale musicali adottate nelle diverse culture e sui ritmi), autore di circa 300 opere. Il film è un lavoro realizzato con pochi spiccioli, che segue il caracollare del musicista per i vicoli della città, tra amici e vecchi insegnanti di musica, soffermandosi sull'esecuzione di alcuni brani sempre in rigoroso abito etnico. Più che dal film, davvero meno che essenziale, siamo trascinati dalla simpatia del suo protagonista, dai racconti di alcuni momenti topici della sua vita (due trapianti di cornea, il pendolare con viaggio di andata e ritorno tra cattolicesimo e buddismo), dalla sentita dedica a Vittorio Arrigoni, l'attivista per la pace morto a Gaza nel 2011, e dalle sue canzoni di struggente bellezza.
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