Regia di Romolo Guerrieri vedi scheda film
Non è tra i migliori polizieschi all'italiana, ma è fondamentale perché è tra i primi a trattare il tema dell'impotenza della polizia ad affrontare le azioni criminali delle "alte sfere" senza uscire dalla legalità. Nonostante una certa convenzionalità di fondo, si fa apprezzare per l'analisi dei personaggi principali.
Accomunato al coevo La polizia incrimina… la legge assolve dalla ben sfruttata ambientazione genovese e dal tema principale (il coinvolgimento criminale delle “alte sfere”), il film di Guerrieri presenta un altro archetipo del poliziesco all’italiana, quello dell’impotenza della Polizia. Ne risulta un film più di riflessione che d’azione, con alcune considerazioni sui limiti della giustizia (soprattutto nei confronti del potere economico) e poche ed essenziali, ma non banali, scene violente (alcune delle quali si giovano della presenza taciturna eppure eloquente di John Steiner). A tratti convenzionale e prevedibile, si riscatta grazie al buon approfondimento del disilluso personaggio di Salerno e del suo deserto affettivo (altro elemento distintivo degli uomini di legge protagonisti di questo genere; in questo caso il commissario di turno ha un rapporto conflittuale col figlio contestatore, che lo rispetta più come poliziotto che come padre) e, in misura minore, dell’estroverso e ambiguo personaggio di Pambieri (una versione allegra del Malacarne interpretato da Luc Merenda nel film Il poliziotto è marcio) messo a fianco e a contrasto all’austero Salerno.
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