Regia di Noah Baumbach vedi scheda film
Arrivato in Italia coll'inspiegabile ritardo di due anni, dopo i successi ottenuti in giro per il mondo (Sundance, Cannes, Toronto, Berlino) e qualche nomination. Meglio tardi che mai...
Il ritratto di donna di questo film è costituito – come un mosaico dalle molte tessere – da episodi che ne compongono l’aspetto e, soprattutto, la singolare personalità.
L’immagine della donna ritratta, infatti, non nasce da un intreccio più o meno lineare, ma dall’accostamento di alcuni significativi momenti della sua vita, che delineano il profilo contraddittorio di Frances (splendida Greta Gerwig), giovane ventisettenne in cerca di “casa”, ovvero del luogo fisico e geografico in cui vivere, così come della propria collocazione nel mondo.
Di origini californiane – a Sacramento vive la sua famiglia – Frances, che pure avrebbe l’età, non sa ancora bene che cosa farà da grande: ha pochi soldi, non ha lavoro, ma ha nel cassetto il sogno di diventare ballerina. Frequenta per questo una scuola di danza a New York, dove affitta un appartamentino con l’amica Sophie, condividendo con lei le spese e le confidenze affettuose circa i propri velleitari progetti e le proprie aspirazioni.
Quando Sophie, però, decide di andare a vivere col proprio ragazzo, a Frances viene a mancare un solido punto di riferimento: entra in crisi e cerca, annaspando, di mantenersi a galla.
Potrebbe scegliere fra il poco entusiasmante ritorno a Sacramento per il Natale e un viaggio insperato a Parigi – desiderato da tempo, ma non realizzato per la sua goffa e amabilmente buffa incapacità di organizzarsi - ma infine sarà ospite quanto mai precaria presso amici, uno dei quali, dapprima interessato a lei, si era allontanato definendola “infrequentabile”, per la sua fanciullaggine, e la sua iimpossibilità ad assumere comportamenti e responsabilità da persona adulta.
La leggerezza con la quale Frances attraversa situazioni sempre più dolorose, in attesa di realizzare il sogno impossibile di diventare ballerina, è resa soavemente dolce dall’eccezionale identificazione empatica di Greta Gerwig col personaggio di cui riveste i panni con grazia affettuosa e con equilibrata adesione psicologica, regalandoci un ritratto femminile fra i più amabili del cinema degli ultimi anni, almeno secondo me.
Il regista Noah Baumbach è, co-autore con la Gerwig della studiatissima e saldissima sceneggiatura, e conferma con questo lavoro il proprio interesse per i tipi umani irregolari e un po’ eccentrici nella società dei nostri giorni, già inverati nel delizioso protagonista di Lo stravagante mondo di Greenberg (2010).
Formatosi alla scuola di Wes Anderson, per il quale aveva scritto due sceneggiature, il regista gira l’intero film in digitale – per l’esigenza di contenere i costi – e in un bellissimo bianco e nero che rende suggestiva la notevole fotografia di Sam Levy.
La sceneggiatura del film era nata in modo singolare: l’idea, che era stata sia di Greta, sia di Noah, fu scritta, scena per scena, separatamente da ciascuno dei due, che spedì all’altro i singoli pezzi via e.mail.
Noah e Greta solo successivamente confrontarono, discussero, integrarono, e infine riscrissero le scene di comune accordo: il risultato fu il film, e il bellissimo personaggio di Frances, a cui la Gerwig ha dato vita e credibile umanità sullo schermo.
Furono gli stessi Greta e Noah a rivelare i divertenti e curiosi particolari della scrittura elaborata separatamente e inviata via e.mail, nel corso di un’intervista concessa ai Cahiers du Cinema, per il numero del giugno 2013.
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