Regia di Vincenzo Marra vedi scheda film
Raffaele Costagliola porta lo stesso nome di suo cugino, morto ammazzato per un regolamento di conti. E Luigi, uno dei suoi due fratelli gemelli è, come lui, in carcere. La sua vita criminale continua, là fuori, dove si dirigono costantemente i suoi pensieri, mentre, durante l’ora d’aria, parla con gli altri detenuti, o quando viene convocato per un colloquio dall’ispettore di polizia responsabile della sezione del penitenziario. Raffaele sa di avere sbagliato. Ma è anche convinto che le cose, per lui, non sarebbero potute andare diversamente. Non è colpa di nessun altro, se lui ha intrapreso una strada sbagliata. La responsabilità è tutta sua, e della sua testa calda. Questo detenuto della casa circondariale di Secondigliano è un personaggio qualunque, tratto dal mondo della delinquenza comune, quella dei furti e delle rapine. Ed è uno straordinario esempio di lucidità. È pienamente consapevole di ciò che è, e di ciò che non potrà mai essere. È perfettamente in grado di valutare le proprie scelte, nel bene e nel male, riconosce i propri limiti ed errori, ma anche le decisioni che si sono rivelate felici, come quella di non avere figli. Dice che uno dei lati più problematici del suo carattere è quello di non sapere aspettare, di volere tutto e subito, ed è questa debolezza ad averlo rovinato. Tuttavia, tra le mura della prigione, dimostra un grande senso del realismo, è pacato nel discutere ed ha anche notevoli doti di mediatore. L’obiettivo di Vincenzo Marra lo segue mentre egli si racconta, a parole o con i fatti, durante una quotidianità in cui la libertà è assente, però non manca, almeno per lui, la possibilità di esprimere il proprio essere, attraverso la riflessione personale o il confronto con gli altri. La costrizione offre l’occasione di fare chiarezza, anzitutto con se stessi, meditando su ciò si è già perso, ciò che ancora si può avere, ciò che davvero si desidera o si teme. Se, come in questo caso, le condizioni al contorno sono accettabili, gli uomini, anche dietro le sbarre, possono continuare ad essere individui, diversi uno dall’altro, sofferenti e tormentati, tranquilli o inquieti, per le ragioni più varie, ma tutte attinenti alla sfera interiore, alla coscienza, ai sentimenti, ai bisogni affettivi. Quelle esistenze sospese trovano, dentro le celle, i corridoi, il cortile, la cassa di risonanza dei tanti perché che circondano l’evidenza di essere stati momentaneamente esclusi dalla storia delle loro famiglie, dalla vita normale, dalla dimensione in cui l’appartenenza e la vicinanza non si riducono alle questioni riguardanti la convivenza con il compagno di “stanza”. Il loro universo è piccolo e chiuso, ed è forse per questo che, pur col poco movimento che è loro concesso, riescono ad esserne i protagonisti, ognuno per suo conto, socializzando oppure isolandosi, litigando oppure facendo la pace. Non occorrono artifici per far sì che il gemello Raffaele Costagliola diventi narratore e interprete di una storia ad ampio respiro, che con il corpo riempie tutti gli spazi a sua disposizione, e con la mente vaga, ben al di là di quei ristretti confini, verso situazioni reali o solo sognate, abbracciando il passato e il futuro. C’è tanta umana naturalezza in questo suo ruolo di viaggiatore che si è smarrito, eppure ha conservato intatto il senso dell’orientamento. E Vincenzo Marra lo segue, con rispettosa attenzione, mentre il suo errare si trasforma, in un attimo, nella sua verità.
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