Regia di Vincenzo Marra vedi scheda film
Se, dopo gli esordi, la carriera di Vincenzo Marra nei film di finzione si è un po’ arenata (i titoli più recenti non hanno per niente confermato le premesse di titoli come Tornando a casa (2001) e Vento di terra (2004)), l’autore ha però trovato una sua interessante dimensione attraverso l’arte del documentario.
Il gemello non è il primo, ma è una conferma di una capacità di sguardo considerevole che tra l’altro è stata nuovamente confermata con il successivo L’amministratore (2013).
Il gemello del titolo è Raffaele Costagliola, detenuto che sta scontando una pena per furti e rapine presso il carcere di Secondigliano.
Vincenzo Marra segue le sue giornate, tra quattro passi avanti e indietro nel piccolo spazio all’aperto a disposizione, i rapporti con gli altri detenuti e i confronti con Domenico Manzi, il responsabile di riferimento tra le guardie carcerarie.
Come entrare in punta di piedi in un luogo chiuso offrendo la netta sensazione che tutto proceda senza che l’estranea presenza della telecamera possa influire in alcun modo su qualsiasi atteggiamento.
Tanti aspetti parlano da soli, senza bisogno della voce fuori campo (ottima scelta accantonarla), sembra quasi che l’istituzione funzioni, ma, ad ogni modo, dimostra che quando c’è umanità tutto viene più facile anche nelle difficoltà implicite.
Si intuisce chiaramente quanto sia importante poter parlare liberamente, dando sfogo alle proprie ragioni o necessità, e cercare di capire, con fermezza ma anche comprensione da parte di chi deve vigilare con una generosa, quanto necessaria, propensione a provare a guardare oltre.
La schiettezza di Raffaele poi fa il resto offrendo un buon punto di vista, tra complicati calcoli sul tempo di detenzione che gli spetta (che deve), un cambio di cella e soprattutto un racconto di vita che sembra frutto di una sceneggiatura studiata al dettaglio (ma non lo è), tra furti, rapporti famigliari, considerazioni sul passato e un realistico prospetto su quello che può essere il futuro.
Quando hai visto più a lungo le pareti della cella che il volto dei tuoi genitori, affermazione che non può lasciare indifferenti, il punto di vista non può che essere differente da quello di una comune persona, non si tratta di voler perdonare, ma di provare a capire e pensare a cosa si dovrebbe cambiare per migliorare le cose senza pensare alla detenzione solo come una pena, ma come tempo di riflessione.
Un bel documentario che non ha bisogno di alcun artificio per funzionare, Vincenzo Marra dimostra di avere occhio e sensibilità, due qualità non di poco conto che speriamo di ritrovare anche in opere di finzione nel prossimo futuro.
Sensibile e loquace nel descrivere un mondo a parte.
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