Regia di Jeon Kyu-hwan vedi scheda film
Jung lavora e vive all'obitorio, è gobbo, deforme, malato di tubercolosi. Riceve i cadaveri, li lava dal sangue, li trucca, cerca di ridar loro la bellezza e la dignità, chiunque essi siano. Attorno si muove un mondo grottesco, freddo, svuotato di ogni cosa, zero sentimenti, semplice carne che si scopa altra carne, dove non c'è quasi differenza fra il cadavere consacrato alla morte e quello consacrato alla vita. Jung resiste, dipinge quei corpi, li fotografa, cerca d'aiutare il fratello che, guarda caso, non accetta il proprio, di corpo, e vuole diventare donna. Ancora una volta, la Corea Del Sud, ci consegna un capolavoro. Un film struggente, profondamente laico, una danza disperata fra i vivi e i morti, (come si vede in una sequenza memorabile), in cui davvero la carne è protagonista: la nostra pelle, i nostri organi genitali, il nostro bozzolo, sono il motore pulsante e decisivo di questa straordinaria riflessione. Tutto questo è accompagnato da attori bravissimi, da una colonna sonora perfetta e da immagini epurate da ogni tipo di epicità, asciutte, nette, perfette. Neanche un minuto sprecato, neanche una parola in più. Grandioso.
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