Regia di Ali Aydin vedi scheda film
"In seguito all'inasprirsi del conflitto turco-curdo alla fine degli anni '80, la lotta al terrorismo assunse in Turchia forme particolarmente cruente.
Tra il 1987 e il 2001 si registrarono numerosi casi di rapimenti e sparizioni tra la popolazione civile. Molte di queste sparizioni rimangono tutt' ora insolute.
Il film, ambientato nel 2012, è ispirato a questi fatti."
Su questi scarni, gelidi dettagli di partenza, più che sufficientemente consoni a tratteggiarci il contorno della drammatica situazione, si apre allo spettatore la tragica vicenda umana di un padre cinquantacinquenne vedovo, di professione controllore presso una tratta binaria lunga oltre 20 km che ogni giorno l'uomo percorre meticolosamente, per segnalare eventuali rotture, manomissioni o anomalie.
Con la medesima puntualità e costanza l'uomo, ogni 15 giorni, è solito scrivere una pacata ma convinta lettera di sollecito alla autorità di polizia, affinché riescano a fornirgli almeno qualche generica informazione a proposito del figlio, misteriosamente scomparso una volta recatosi a studiare all'università di Istanbul circa un decennio prima, e del quale non si è più avuta alcuna traccia.
Devastato, solo e taciturno, oggetto saltuario di scherno da parte di un collega particolarmente greve ed insensibile, l'uomo troverà una composta solidarietà umana da parte del nuovo ispettore di polizia, che, pur nella sua apparente durezza, saprà andare oltre la burocratica prassi, dimostrandogli un appoggio morale fattivo, seppur completamente privo di ogni equivoco atteggiamento di compiaciuta indulgenza.
Fino a soprassiedere a proposito di una grave responsabilità morale e penale che probabilmente riguarda l'anziano controllore molto da vicino, inerente la brutta sorte del suo malevolo collega. Episodio che, volutamente, in sede di scrittura, l'autore tiene scientemente lacunoso, lasciando spazio allo spettatore di dare spazio a considerazioni e valutazioni personali, comunque non determinanti né condizionanti il vero fulcro emotivo della vicenda.
La verità alla fine verrà a galla, e non sarà nulla di diverso né meno tragico di quanto già si temesse e ipotizzasse sin dall'inizio. Il frutto di una barbarie che da sempre distingue l'uomo come il più pericoloso essere vivente sul pianeta.
Splendida, lacerante opera prima del regista turco Ali Aydin, Muffa si concentra nella messa a punto di un ritratto umano dolente e risoluto di un uomo che cerca di comprendere le ragioni della propria esistenza, della propria vita irresistibilmente aggrappata ad una esistenza terrena che invece la malasorte ha negato a tutti i suoi più cari familiari, destinandolo ad una vecchiaia probabilmente lunga costellata di sofferenza e solitudine, destinata a farlo inevitabilmente concentrare sulla propria ineluttabile condizione di isolamento.
Premiato con il "Leone del futuro" alla Mostra veneziana del 2012, Muffa è scritto benissimo nei canoni di uno stile, ricorrente presso la premiata ed apprezzata cinematografia turca dell'ultimo periodo, che favorisce la riflessione ed i tempi lunghi; ma presenta anche una valida direzione, in cui il giovane promettente cineasta si apre con estrema efficacia nei confronti di un contesto geografico e naturale schietto e proprio per questo seducente, ove la natura risulta solo in parte addomesticata da un progresso che ancora usufruisce di antiche ma solidissime infrastrutture (lo splendido, infinito e ancora avveniristico vecchio ponte ove il protagonista concentra i suoi controlli giornalieri) di almeno un secolo prima.
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