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Blancanieves

Regia di Pablo Berger vedi scheda film

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La recensione su Blancanieves

di OGM
8 stelle

Biancaneve sullo sfondo di una plaza de toros e a ritmo di flamenco. L’opera dei fratelli Grimm rivive nella Spagna degli anni venti, in un film muto, girato in un bianco e nero fotografico e teatrale, che si nutre di emozioni dipinte sul volto, sguardi di sfida e di intesa, occhi che sono lo specchio dell’anima. Il silenzio è l’elemento naturale di un amore che non ha bisogno di parole e di un odio che si nasconde dietro il sotterfugio e la menzogna. Una bambina, figlia di un famoso e ricco matador, viene al mondo in circostanze tragiche: il padre viene incornato e resta paralizzato dal collo in giù, mentre la madre, colta improvvisamente dalle doglie, muore durante il parto. Affidata alle cure della nonna materna, la piccola si ritrova sola al mondo nel momento in cui, di lì a pochi anni, anche l’anziana donna verrà a mancare. Le tocca allora trasferirsi nella casa del padre, il quale, nel frattempo, ha sposato la sua infermiera, una cinica arrampicatrice sociale che bada solo al proprio tornaconto, e tradisce e maltratta il suo sventurato marito. La storia tra Biancaneve e la sua matrigna seguirà il solco tracciato dalla favola, e, ad un certo punto, anche i sette nani entreranno in scena, sia pur in una maniera adeguata ai tempi e ai luoghi, con un esplicito tributo all’eroico romanticismo del cinema dell’epoca, spesso intriso di visioni oniriche nonché ingenuamente incline all’incanto del fantastico.  Uomini, animali e freaks partecipano tutti ad un circo delle meraviglie che, fra le sue surreali attrazioni, comprende anche lo spettacolo dell’orrore: nel contesto della modernità, il mito non può che presentarsi come un grottesco anacronismo, un fenomeno da baraccone che si giova dei mezzi di comunicazione, delle invenzioni tecnologiche e delle generazioni da era industriale. La mostruosità si circonda di elementi meccanici (gli attrezzi chirurgici, una sedia a rotelle, una bara a pedale) e intanto si allarga la platea degli spettatori, che diventa la massa urlante radunata sulle gradinate di un’arena. I personaggi non sono più confinati nella dimensione esclusiva e rarefatta della leggenda, perché a far loro compagnia c’è l’umanità intera, la folla della gente comune, che celebra la loro gloria e rabbrividisce di fronte alla loro disgrazia, proiettando l’intimità dell’emozione nella plateale risonanza del sensazionalismo. I privilegiati protagonisti della fiaba popolare scendono sulla terra, per vivere la loro singolarità da star, tra scandali che nascono nello squallore delle loro vite private e poi esplodono con clamore davanti al pubblico. Biancaneve è il simbolo dell’infelicità che le luci della ribalta non riescono a sanare, e anzi, forse, sfruttano ad uso e consumo dello showbiz. In questa storia non c’è il solito, luminoso lieto fine. Il sipario si apre sotto il sole, sul fragoroso coro degli olé, e si chiude, cupamente, sul timido luccichio di una lacrima.

Blancanieves
ha rappresentato la Spagna agli Academy Awards 2013.

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