Regia di Pablo Berger vedi scheda film
Libera trasposizione della favola dei fratelli Grimm in un muto b/n spagnolo. Il film di Pablo Berger svolge il suo onesto compito, diverte, appassiona, un poco commuove. Carmen, orfana di madre, figlia di un famoso torero la cui carriera è stata stroncata dalla classica incornata, alla morte del genitore che si è risposato con la cattivissima e accattivante Encarna, ex infermiera e femme fatale interpretata da Maribel Verdù, è costretta a fuggire dalle grinfie della matrigna. Incontrerà una compagnia di toreri nani, sei anziché sette, e lei stessa imparerà a toreare fino a quando incrocerà sulla sua strada ancora Encarna. La particolarità dei personaggi offre diverse possibilità di lettura e di interpretazione, ma pur contenendo spunti melodrammatici, comici e surreali, al film manca quella vena grottesca e malvagia che gli darebbe quel tocco spiazzante che lo svincolerebbe a piacere dalla favola. Berger gioca sulla reinterpretazione e sull’adattamento alla localizzazione spagnola degli anni 20. Dunque quadro familiare tradizionale, ceto sociale formalizzato da personaggi antropologici e ridondanti, manipolazione contenuta dei protagonisti entro canoni comprensibili e facilmente accettabili. Eppure Berger ha un materiale eccellente fra le mani, la ragazza che diventa un torero, la matrigna con vaghe tendenze sadomaso, i nani che simbolicamente sono l’imperfezione dell’arte e della tradizione della corrida, tendenti alla caricatura e alla provocazione. Non si va oltre la rappresentazione, per la verità apprezzabile e assai superiore al pluri celebrato The artist, ma non siamo minimamente vicini al dolore criminale e autoprotettivo dei Freaks, o magari al dramma “da circo” di Jodorowsky in Santa sangre, il sangue scorre, poco e non si vede. Berger sceglie di non appesantire, di curare il lato debole, ci riesce grazie alle capacità espressive degli interpreti, alle didascalie poco ingombranti, ad una colonna sonora piacevole, per un po’ ci si dimentica pure che è la trasposizione della favola, e ci si abbandona alla storia. Il limite di Blancanieves è il politically correct che ne fa un candidato da premio Oscar, l’aver preso la favola come linea guida senza la forza di smembrarla e trasformarla in una delle più grandi allucinazioni cinematografiche del genere. La tecnica, l’intuizione, i mezzi ci sono, aspettiamo con fiducia se ci sarà un seguito.
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