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Blancanieves

Regia di Pablo Berger vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Blancanieves

di alan smithee
9 stelle

TFF 2012 - FESTA MOBILE
Quando stai facendo un'abbuffata di film come capita a me in questi giorni festivalieri torinesi, ti chiedi sempre quando dovrai aspettare ancora per aver la soddisfazione di incappare in un capolavoro; nelle famose cinque stelle che concedi senza pensarci per le emozioni intense provate durante la visione. Quel momento e' finalmente arrivato nel quinto giorno delle proiezioni e il film è questa ennesima, ma questa volta geniale, libera, intelligente trasposizione di una favola tra le più note dei fratelli Grimm. Nell'anno di una Biancaneve contesa dalle major hollywoodiane, che si sono affrontate con due prodotti altamente seducenti e sofisticati esteriormente, ma anche molto finti e di cartapesta grazie alla "grandeur" di effetti speciali sempre più mirabolanti, l'idea di chiudere una involontaria e casuale trilogia con un film muto con didascalie ed in bianco e nero è già di per sé geniale, coraggiosa, meritevole di lode.
Ma è proprio la storia a sedurre e a provocare i brividi a pelle dall'emozione. La vicenda viene trasposta dal regista Paolo Berger nella Spagna del 1920, quando durante una famosa corrida a Valentia il celebre totero Antonio Villalta viene ferito gravemente, provocando il parto anticipato della moglie, sconvolta dalla forte emozione, che poco dopo morira' lasciando l'uomo con una primogenita in fasce. Distrutto dal dolore e debole nel fisico e nello spirito, il torero si lascia circuire da una bella infermiera (Maribel Verdù, grandiosa) che lo ha in cura, che ne diventa in breve la nuova moglie, mentre la bambina rimane accudita presso la amorevole nonna materna (una ancora sensuale Angela Molina). Alla morte di quest'ultima, Carmen - questo il nome della bambina - viene necessariamente affidata al padre, che si scopre ormai vecchio e debole, completamente soggiogato dal carattere possessivo e manipolatore della seconda moglie, sempre bellissima ed esibizionista, e come tale perennemente in cerca di fama e successo. Continuamente sottomessa alle angherie della matrigna, Carmen riuscirà a sventare un tentativo di suicidio commissionato dalla malvagia matrigna e fuggirà nascondendosi presso una compagnia di toreri nani in tournée per il paese.
Da quel momento la vicenda si ricollega in modo quasi fedele alla favola originaria. Ma e' proprio questo lungo incipit la genialità della pellicola, diretta magnificamente, fotografata con un b/n pieno di chiaro-scuri che accentuano l'interpretazione scura e pessimistica, fin crepuscolare e gotica della favola. Che trasuda cattiveria e morte grazie anche alla affascinante  presenza dei riti legati alla corrida e alle crudeltà vergognosamente perpetrate ancor oggi ai tori, ma che sa anche incantare con le atmosfere bucoliche ed irreali di un paesaggio che sorprende sempre per il potere suggestivo che avvince lo spettatore.
Senza parlare poi delle due protagoniste, una Macarena Garcia con un viso magnifico simile alla giovane Madonna (la cantante intendo), quella anni '80, e la straordinaria, perfida e vanesia Maribel Verdù, da alcuni anni la mia attrice spagnola preferita, già apprezzata nel "Tetro" coppoliano e ne "Il labirinto del fauno": un'attrice che considero come la migliore candidata a ricoprire il ruolo stimolante di Petra Delicado nella trasposizione (semmai ci sarà) cinematografica dei libri di successo della Alicia Gimenez Bartlett.
E poi altre piccole grandi chicche tipo i sette (veri) nani che in realtà non sanno contare, perché sono in effetti solo sei; la singolare ricerca del principe azzurro, cioè il solo in grado di svegliare la protagonista dal suo sonno letargico, e il cui tentativo viene effettuato attraverso un pubblico pagante presso le varie tappe dello spettacolo circense in cui si sono uniti i nani e Biancaneve; un po' come del resto avviene oggi per il casting dei famigerati talent shows che popolano le nostre reti; e ancora i comici tentativi di risveglio, affidati a volontari assortiti, fra i quali troviamo uno zelante igienista che si pulisce con rigore la bocca prima e dopo essersi accinto a baciare una ragazza in coma profondo; e una donna coraggiosa e progressista, incurante di mettere a repentaglio le regole della buona educazione e della decenza, ma quasi inconsapevolmente in cerca di una sua identità sessuale che valichi le regole intransigenti dell'epoca. Queste emozioni e molto altro (indovinate chi sarà il principe azzurro alla fine?) in un film che non è più un semplice sogno ad occhi aperti, ma un vero e proprio incanto visivo fitto di contenuti che ben lo differenziano dal ben più esile, fortunatissimo, per certi versi simile, ma anche piuttosto sopravvalutato film-Oscar 2012 di Hazanavicius.

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