Un thriller onesto con qualche buona trovata intelligente, che regge bene l’azione, non troppo adrenalinico né originalissimo, ma teso quanto basta a non far annoiare, avvincente e convincente, che riesce a costruire la trama per altro semplice, su pochi elementi che funzionano piuttosto bene.
Il 911 è il numero delle emergenze in America, dove arrivano chiamate di ogni tipo ad ogni ora del giorno e della notte.
Al telefono della centrale operativa, alveare attrezzato con computer e mezzi tecnologici adeguati a fronteggiare le varie emergenze, rispondono degli operatori, istruiti a dovere per affrontare con sufficiente distacco ogni evenienza, – non sempre possibile se qualcosa va storto in piena diretta telefonica – si va dal suicida, al tentativo di rapina, incidenti stradali e quant’altro.
L’ operatrice telefonica Jordan (una discreta Halle Berry), reduce da una recente esperienza negativa, riceve la chiamata ansiogena e disperata di Casey, una ragazza sequestrata in un centro commerciale e nascosta nel bagagliaio di un auto da parte di un misterioso killer psicopatico che la sta portando non si sa dove.
Visti i mezzi, sarebbe facile rintracciare il cellulare della vittima col gps – e allora finirebbe il film troppo presto – ma l’apparecchio usa e getta non è rintracciabile.
È con l’astuzia e l’inventiva del momento che si dovrà tentare di bloccare il sequestratore maniaco, e non sarà impresa facilissima da portare a termine.
Contro tutte le previsioni, la tensione si mantiene alta e si costruisce quasi per intero sul serrato contatto telefonico tra Jordan e la giovane ragazza, spaventata e atterrita, che sforzandosi di mantenere lucidità e coraggio in una bruttissima situazione che a tratti appare disperata, cercherà di seguire i consigli dell’ operatrice per salvare sé stessa.
Le scene in interni della centrale con Jordan sui monitor e gli esterni vengono sapientemente alternate, tra inquadrature dall’alto che inseguono l’ auto in fuga, con la polizia sulle tracce del sequestro, soste forzate e imprevisti che minacciano la presunta sicurezza dello spietato killer e la vita della sua vittima, fino ad arrivare alle scene dei minuti finali, abbastanza inquietanti e claustrofobiche, che richiamano con le dovute cautele il Silenzio degli innocenti, con la protagonista Jordan oramai troppo coinvolta nel dramma, che seguendo le tracce lasciate lungo il percorso entra nel nascondiglio dell’assassino e quelli sono momenti da cardiopalma.
Solo il finale mi è sembrato un po’ forzato e poco verosimile, giocato su un ansia di vendetta che vede complici le due donne, che stona con il complesso generale del film e il carattere delle protagoniste, battagliero sì, ma non eroico o subdolo.
Buone le prove attoriali, da quella di Halle Berry, alla giovanissima semisconosciuta Abigail Breslin nella parte dell’adolescente sequestrata; Michael Eklund, l’attore che veste i panni del rapitore ha la faccia poco rassicurante nonostante un aspetto da uomo comune, sguardo inquietante, instabile e violento quanto serve.
In sintesi, un film dignitoso, secondo me migliore di certe super produzioni ad alto budget che hanno ben altre ambizioni.
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