Regia di Sandra Nettelbeck vedi scheda film
Matthew Morgan, vedovo americano a Parigi, conosce per caso la francese Pauline Laubie. Lui è anziano, lei molto più giovane, entrambi si reputano soli al mondo e cercano persone vicarie grazie alle quali continuare un rapporto interrotto dalla morte. Lui cerca l’amata Joan, lei il padre perduto in tenera età. Storia da bigino di psicologia di base, l’adattamento dal romanzo La douceur assassine di Françoise Dornier. Nessuna variazione sul tema della rincorsa affettiva e asessuata intergenerazionale, consumata in piccoli gesti e silenti insegnamenti reciproci fino a quando sulla scena irrompe Miles, figlio di Matthew e foriero di incomprensioni, verbosità e ferite da riaprire per sanare quelle attuali. Matthew diventa interposta persona tra Pauline e Miles, il cui rapporto pare riattualizzare quello tra l’anziano ex professore di filosofia e la moglie defunta.
Una regia di maniera accompagna, nascosta, una sceneggiatura che nei dialoghi ha i suoi punti deboli («Penso che il giorno in cui capiamo tutto della nostra vita sia quello in cui moriamo» e altre frasi “di lancio” dimenticabili) e nelle derive fantasmatiche (Morgan che parla con la “presenza” della moglie) le sue evitabili cadute di stile. Ma la scelta della Nettelbeck di affidarsi ai volti dei suoi candidi e intensi interpreti, alla lunga, paga: Caine e la Poésy ci tengono incollati allo schermo e, per un attimo, li vorremmo anche noi come padre e figlia. Così, Mister Morgan finisce per regalarci istanti di autentico realismo sentimentale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta