Regia di Matthias Luthardt vedi scheda film
Microcosmi che implodono. Il regista Matthias Luthardt, olandese ma formatosi in Germania, realizza il suo primo lungometraggio all’insegna del minimalismo. Soli quattro attori, chiusi in una villa isolata da siepi che ne occultano il mondo esterno. Paul, giovane sedicenne orfano del padre suicida, si reca dagli zii per passare qualche giorno di vacanza nella loro casa estiva. Con il coscritto Robert (giovane talento di pianoforte, apatico e scontroso), Paul ha poco da condividere – giusto qualche partita di ping pong o alla playstation. Mentre è attratto sessualmente dalla zia, donna frustrata che riversa tutte le sue attenzioni sul cane.
Il regista Luthardt cerca continuamente il «punto di rottura» della famiglia, senza però mai calcare la mano o scadere nello stereotipo. Il suo è un cinema freddo e austero, ma costantemente teso, in cui nulla viene semplicisticamente risolto. Il ragazzo – un intruso «piombato dal cielo», come nel Teorema pasoliniano – diviene vittima e carnefice, provocando un’incrinatura nella facciata borghese della famiglia, pronta però puntualmente a rimarginarsi.
Al film non mancano alcuni parallelismi simbolici: la piscina che il ragazzo si mette a ristrutturare ha delle chiare valenze metaforiche di carattere sessuale. O il laghetto artificiale contaminato, dove galleggiano pesci morti a filo d’acqua.
Luthardt cita tra le sue principali fonti di ispirazione Seidl, Haneke e Lars Von Trier, a riprova di tre autori [e, in particolare per chi scrive, gli ultimi due] che veramente hanno segnato il cinema d’autore europeo negli anni Novanta e Duemila. Ma il regista riesce, con Pingpong – presentato nel 2006 a Cannes -, a realizzare un’opera indubbiamente personale, che si ritaglia un posto di tutto riguardo nel misconosciuto panorama del Berlin School, il nuovo cinema contemporaneo tedesco.
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