Regia di Sergio Capogna vedi scheda film
Nel pieno dei fervori sessantottini, una coppia di universitari - Angela e Massimo - conosce Guido, giovane e ricco. Trasferitisi tutti e tre a casa di Guido, quest'ultimo mostra di avere un debole per la ragazza, che gli cede. Massimo fugge, ma torna per affrontare un morboso rapporto a tre.
Plagio è il tipico film post-sessantottino italiano, ma con la particolarità di arrivare al momento giusto, cioè in tempo reale; le tematiche sono coraggiose e perfino avanti per il periodo, nel nostro cinema quantomeno, e la regia e la fotografia (Antonio Piazza) sono debitamente pop/kitsch. Il rischio fondamentale è di veder sopravanzare la forma - colorata, roboante, a tratti 'acida', con una colonna sonora adeguatamente rock/beat - sulla sostanza (un menage a trois fra universitari di differente estrazione sociale, ciascuno a suo modo traumatizzato dalla vita). Di Sergio Capogna, regista-montatore-sceneggiatore, si sa molto poco. Questo è il suo terzo lungometraggio a soggetto, dopo l'esordio alla metà degli anni Cinquanta con il documentario I comici e un paio di pellicole dai contenuti interessanti (nel 1963 già parlava di aborto in Le conseguenze); una pellicola di stretta attualità e destinata, come lo spirito del '68 in fin dei conti, a invecchiare prematuramente. Il tentativo di parlare di omosessualità maschile in termini di onesta, comune, accettabile 'normalità' è comunque apprezzabile; fra gli interpreti: Ray(mond) Lovelock, Mita Medici, Alain Noury, con un ruolo marginale per Cosetta Greco. Capogna tornerà a girare quattro anni più tardi, con Diario di un italiano (1973), suo ultimo film. 3,5/10.
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