Regia di Danny Boyle vedi scheda film
La prima piccola delusione targata Danny Boyle. Il film sperimenta, sorprende, confonde e alla fine non convince. Peccato.
"Noi siamo i nostri ricordi" (Elizabeth / Rosario Dawson)
Penultimo lavoro del buon regista Danny Boyle (già apprezzato in Trainspotting, 127 ore, Steve Jobs, e dovrei rivedermi The Millionaire in quanto mi era piaciuto, ma lo vidi molti anni fa).
In Trance mi attirava dalla trama e dal cast, ma soprattutto dalla già citata regia.
Per questo motivo le mie aspettative nei confronti di questo film erano elevate e considero più che lecito aspettarsi un buon lavoro.
Aspettative che, però, in parte sono state disattese.
La vicenda è nota: Simon, banditore d'aste, è in complotto con la banda di criminali capitanata da Frank. Vogliono infatti organizzare il furto di un prezioso quadro di Goya. Simon però cerca di fare il doppio gioco: ad un certo punto Frank lo colpisce con violenza e il banditore d'aste perde la memoria: non si ricorda dove il quadro è stato depositato. Decide quindi di andare a fare delle sedute di ipnosi dalla terapeuta Elizabeth...
Il film è un'esplosione di colori, suoni, specchi così visivamente potente e claustrofobica che alla fine lo spettatore ne esce quasi frastornato.
Da questo punto di vista, la scommessa stilistica di Boyle sembra essere stata vinta.
Una nota di merito va anche ai tre attori protagonisti, che formano un insolito trio che funziona alla perfezione.
A partire da James McAvoy, che interpreta un personaggio fragile ma ambiguo, per passare dalla bellissima e carismatica Rosario Dawson, per terminare con Vincent Cassel che, secondo il mio parere, è uno dei migliori attori europei in circolazione.
Il problema maggiore di questo film è che sotto la confezione riuscita, forse anche un po' furba, si nasconde senzadubbio una grave mancanza di sostanza.
La sceneggiatura è spesso approssimativa soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi, che non sono per niente approfonditi – e questo naturalmente va al di là della bravura degli attori nell'interpretarli.
Per mantenere vivo l'interesse per la vicenda gli sceneggiatori ricorrono a continue iniezioni di colpi di scena, che sono così tanti che alla fine perdono tutti il loro valore.
Anche i labirinti mentali alla Nolan, che dovevano probabilmente essere il punto forte di In trance, non convincono fino in fondo.
La mescolanza realtà-fantasia, oltre ad essere causa di grande confusione nella mente dello spettatore, sempre più spiazzato (nella accezione più negativa del termine), è sicuramente pensata e costruita piuttosto male, soprattutto per quanto riguarda il rapporto fra i tre protagonisti.
E certamente, il finale sempliciotto è spiegato con motivazioni piuttosto futili per un film che pretende di essere (quasi) pienamente realistico o verosimile.
Tracciando un bilancio finale, In Trance è un film molto sperimentale, in cui non mancano guizzi e lati postivi, ma nella cui concezione e realizzazione è stato sbagliato tanto, troppo.
Un film che si lascia guardare ma che non riesce mai ad appassionare, che sa sorprendere e che confonde. Alla fine resta l'amaro in bocca per l'occasione sfruttata male in una pellicola che non si fa amare e che non convince.
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