Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Confesso che non sono mai stato un grande estimatore del cinema di Danny Boyle. Ho amato molto Trainspotting e 28 giorni dopo, un po’ meno (ma erano comunque buoni film) The Millionaire e Sunshine. Tutti gli altri, o almeno quelli che ho visto, non mi hanno convinto. Non si può negare che l’ex ragazzo prodigio inglese abbia sicuramente un notevole talento visivo, soltanto che ho sempre trovato i suoi film degli esagitati esercizi stilistici, il più delle volte utili a coprire la pochezza della storia. Non fa eccezione In Trance, ultima opera del nostro, che forse è anzi uno dei suoi film meno riusciti in assoluto. Sparato ad altissima velocità fin dall’incipit, con l’aiuto di una musica bombardante, In Trance è un trip visionario all’interno di una mente confusa, quella del giovane Simon (McAvoy), assistente in una casa d’aste colpito da amnesìa. Simon ha fregato i suoi compari durante il furto di un prezioso quadro di Goya, e per fargli ricordare dove ha nascosto il bottino, il capo dei furfanti Frank (Cassel) lo sottopone a sedute ipnotiche presso la psicoterapeuta Elizabeth (Dawson). La storia è tutta qui, tra continui e infiniti colpi di scena, almeno fino a quando quello finale trasforma il racconto in una dolorosa parabola di amore malsano. Indubbiamente In Trance è girato bene e conferma la competenza registica di Danny Boyle, abile manipolatore delle immagini. Ma alla fine si ha la sensazione di un giochino tirato troppo per le lunghe, che lascia poche tracce in chi lo ha visto. Quello che non si dimentica è il corpo magnifico di una Rosario Dawson che vale da sola il prezzo del biglietto, mentre James McAvoy e il villain Vincent Cassel, attori comunque di talento, ripercorrono strade già percorse in altri film.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta