Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Londra. Simon, il narratore, è un battitore d’asta che sciorina una piccola storia fenomenologica del furto d’arte. «Non fare l’eroe» si raccomandano durante le simulazioni di rapina. Poi i ladri gli sottraggono dalle mani un celebre Goya. Ma la tela scompare. Colpo di scena: Simon non è una vittima. È un complice. E un traditore. Che, per un’amnesia causata da un colpo in testa, non ricorda dove ha nascosto il dipinto. Così una psicoterapeuta lo cerca nella sua memoria. «Non fa l’eroe», Simon: anche perché In trance è la storia di un’eroina. Vi siete persi? A rotta di collo, coup de théâtre su coup de théâtre, Boyle spinge il film di rapina tarantinato alla Guy Ritchie verso i labirinti mentali di Nolan. Ma c’è di più. Perché se dei Capricci di Goya Baudelaire scriveva: «Tutte le dissolutezze del sogno, tutte le iperboli dell’allucinazione», Boyle propone un rebus cerebrale metanfetaminico che guarda a occhi spalancati il quadro rubato nel film, Volo di streghe.?Che era un’opera macabra, enigmatica e ridente su figure e stereotipi della superstizione (e della religione) del tardo 700. Così la furia bulimica di In trance cerca di mettere in crisi - tra narratori inaffidabili e inverosimiglianze - luoghi comuni di genere e gender (ed è meraviglioso il femminino Rosario?Dawson). Come fosse un Volo di streghe oggi, al tempo delle immagini euforiche, abbaglianti e dimenticabili che scorrono dementi su un iPad. E come fosse la versione triviale e pop di Antichrist, vestita da film rompicapo di facile consumo. Una critica ambiziosa e un sintomo dei tempi.
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