Regia di Steven Bernstein vedi scheda film
Tre vite parallele, poi convergenti, per raccontare una storia vera. Quella di Annie Parker, che negli anni 60 vede morire la madre e nei 70 la sorella a causa di tumori al seno che i medici si ostinano a non riconoscere come ereditari. Quando anche Annie si ammala, inizia a condurre studi in parallelo a quelli ufficiali di Mary-Claire King, la donna che scoprì il legame genetico all’origine del cancro. Annie Parker racconta la vicenda privata di un’eroina sottovoce della modernità, la lotta del buon senso contro l’ottusità scientifica e l’ostinata ricerca di una donna che non accetta quell’ottusità. Se la prima pista, retta dalla gigantesca performance della Morton, funziona a meraviglia limitando al massimo le propaggini ricattatorie e il facile abbandono alla lacrima, e la seconda sfrutta in controtendenza i codici della docufiction per accedere sottopelle al livello emotivo del racconto, la terza fatica a trovare limpidezza espositiva e si cristallizza in una King alla quale Helen Hunt non riesce a donare la terza dimensione. L’ossessione per un destino già scritto (l’autopalpazione al seno come automatismo), la perdita di carisma sessuale e di grazia materna agli occhi del marito e del figlio, l’analisi dei meccanismi empatici al cospetto di una malattia che deforma e mutila: i sottotesti funzionano, lontani dalla pornografia del dolore dei recenti cancer movie americani. A mancare è uno sguardo più ampio sul contesto, in grado di fotografare un universo medico sul ciglio di una svolta epocale.
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