Regia di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza vedi scheda film
Segnatevi questi due nomi: Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Vi serviranno nei vostri peggiori momenti di insonnia. I due registi siciliani al loro esordio portano sullo schermo un film così carico di boria e, allo stesso tempo, talmente inconsistente, che è difficile trovarne di simili. Salvo parte come un gangster movie girato con pochissimi spiccioli per poi imboccare la strada del realismo magico allorquando il taciturno protagonista (Bakri), che ha avuto l'incarico dal suo capomafia di rapire una ragazza cieca (Serraiocco), impone le mani su quest'ultima che, miracolosamente, riacquista la vista, con tanto di sindrome di Stoccolma annessa. Ci crediate o meno, il film è tutto qui. In questo nulla pneumatico, interpretato in maniera bovina dai due protagonisti e dai loro comprimari (tra i quali si confonde Luigi Lo Cascio, in un ruolo che è poco più di un cameo), la macchina da presa sfida la pazienza dello spettatore fissando interminabilmente i volti dei personaggi, sempre nella semioscurità, affidando loro una manciata di inutili battute e lasciando che il resto lo facciano i rumori d'ambiente. Cinema irritante per la sua protervia, per la pretesa di darsi un'aria d'essai semplicemente dilatando allo spasimo il nulla che pretende di raccontare. Letargico.
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