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Un mondo in pericolo

Regia di Markus Imhoof vedi scheda film

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La recensione su Un mondo in pericolo

di OGM
9 stelle

Se le api muoiono, dopo quattro anni moriremo anche noi. Lo ha detto Albert Einstein, nel 1949. La sua profezia potrebbe avverarsi. Il regista svizzero Markus Imhoof, discendente di una famiglia di apicoltori, ci spiega come ciò possa accadere. Come ciò, forse, stia già accadendo. È l’ennesima potenziale conseguenza della globalizzazione. Del distacco dalla terra di origine, del forzato superamento dei suoi limiti, nel nome del profitto e di una crescita sempre più incontrollata. Le api vengono trasferite da una parte all’altra del globo, manipolate geneticamente, costrette a riprodursi in maniera innaturale, esposte a stress ambientali, rese deboli e suscettibili alle malattie, oppure eccessivamente resistenti, aggressive e pericolose. In Cina, ai tempi di Mao, sono state sterminate, con danni incalcolabili per l’agricoltura. Negli Stati Uniti sono sfruttate oltre misura nelle sterminate piantagioni di mandorli, dove subiscono anche gli effetti tossici dei fungicidi. In Svizzera è ormai impossibile proteggere le specie autoctone, minacciate da altre specie di importazione, più convenienti dal punto di vista pratico ed economico. Intanto la scienza continua ad indagare sulla straordinaria intelligenza di questi piccoli animali,  ma non fa nulla per salvarli, se si escludono alcune ricerche condotte, su iniziativa di singoli, in alcuni ambiti molto marginali. Le grandi impollinatrici stanno combattendo da sole la loro disperata lotta per la sopravvivenza.  Senza di loro, non ci verrebbe a mancare soltanto il miele. I fiori cesserebbero di essere fecondati, i frutti non potrebbero più nascere. Questo scenario apocalittico è anticipato da tante situazioni che non sembrano ammettere una via di uscita: l’evoluzione verso l’estinzione sembra inarrestabile, mentre un’unica, residua speranza – a cui l’autore dedica  il finale – appartiene ad una sorta di ottimismo cosmico, alla fede nella potenza della Natura, alla sua capacità di rigenerarsi, di  opporsi alla nostra azione distruttrice. La realtà, al momento, è una favola che fa paura. Ci parla con immagini da cartone animato, con quelle api riprese in primo piano, fantastiche protagoniste dell’inquadratura, mentre volano, succhiano il nettare, accudiscono l’alveare. Sono come le eroine di una fiaba per bambini, figure vive, indaffarate, dettagliate come bestioline personificate, pupazzetti che sanno raccontarsi da sé, tramite lo spettacolo della loro romantica operosità. Sono creature che, viste così, sembrano fatte apposta per essere amate, per stupirci e commuoverci con la straordinaria complessità del loro micromondo. Il discorso potrebbe finire lì, come avviene nei soliti documentari di Natale, dedicati alla poesia di questo meraviglioso universo. Ma qui le cose vanno diversamente. Il problema è che – al di là della plastica suggestività di certe riprese - i riflettori, anzitutto, sono puntati su di noi, sul modo in cui non capiamo, o fingiamo di non capire, la catastrofe che incombe, il guaio in cui ci stiamo cacciando con le nostre stesse mani. Eppure è tutto fin troppo evidente. Non c’è bisogno di andare a cercarne le prove nei luoghi nascosti. Il materiale per l’inchiesta è a portata di mano, perché lo si trova ovunque, dal contadino che vive a due passi da casa, ma anche e soprattutto nelle grandi coltivazioni che occupano l’intero paesaggio, dove lo sguardo si perde. Povertà e ricchezza sono le due facce di uno stesso dramma: i segnali sono vicini e lontani, sommessi ma anche clamorosi. More Than Honey ce li fa toccare, invitandoci a tendere le dita, senza averepaura, verso quegli insetti che magari a volte ci pungono, ma che incessantemente lavorano, anche e soprattutto per noi.

 

 

Questo film ha rappresentato la Svizzera agli Academy Awards 2014.    

 

scena

Un mondo in pericolo (2012): scena

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