Regia di Lucien Castaing-Taylor, Verena Paravel vedi scheda film
Nei titoli di coda compaiono, fra i nomi dei pochi interpreti umani, anche i nomi scientifici delle tante creature marine. Pesci, crostacei e molluschi. Ripresi in primo piano, mentre vivono e muoiono in diretta. La polposa e sanguigna opulenza di un oceano che si lascia crudelmente saccheggiare, eppure continua ad essere un universo pieno di risorse, grande e magnifico, potente e generoso. Sfidarlo, a bordo di un peschereccio, è sempre e comunque una prova di coraggio. Lo testimonia la lunga lista delle navi scomparse al largo delle coste di New Bedford, Massachusetts, alle quali gli autori hanno voluto dedicare il loro film: un documentario che conduce il nostro sguardo dentro un vertiginoso gioco di prospettive inusuali e ravvicinate, a faccia a faccia con il palpitante contenuto delle reti, con gli aerei fremiti degli uccelli in volo, con il pesante sferragliare della catene e il primitivo, ruvido vigore dei marinai: un mondo di oggetti e corpi bagnati di pioggia, di spruzzi d’acqua, di umori che richiamano alla mente il sapore della salsedine e del pescato, e che intanto ricordano la tagliente amarezza del sacrificio. La macchina da presa partecipa al dondolio delle onde: si tuffa e riemerge, si lascia offuscare la vista dal rimescolio della schiuma, e, mentre fatica a rimettere a fuoco, si abbandona alla suggestione ipnotica delle ombre sfumate, dei luccichii indistinti, dei vaghi indizi di un sogno epico applicato al mistero. La realtà si può testimoniare anche così: inquadrandola con gli occhi sgranati, carichi di curiosità, timore, meraviglia. Le proporzioni sono distorte dal desiderio di capire le cose andando a toccarle con mano, fin dentro al pericolo, lungo le scivolose soglie dell’abisso, sino a sfiorare i dettagli dell’orrore: una razza che boccheggia sulla tolda, un viscido tappeto di brandelli di vita, un cormorano che si dibatte, furiosamente, per poi sparire nel buio. È importante rendersi conto di quanto possa costare, impadronirsi di certi tesori. Quanto sia dolorosamente complesso quell’amore che, al tempo stesso, offende e rispetta, preserva ed uccide. Sentirsi tutt’uno con la natura, partecipando alla sua ricchezza, significa, necessariamente, condividerne la voracità. Il Leviatano è un mostro biblico voluto da Dio; secondo il libro di Giobbe, è il re su tutte le fiere più superbe. È l’incarnazione di un’energia immensa e primordiale, che governa il cosmo seminando il terrore. Il suo elemento è il caos; il mulinare delle forze opposte, tra il cacciatore e la preda, tra chi ha fame e chi lotta per non essere mangiato. La leggenda riassume il paradosso di fondo che fa del nostro pianeta un paradiso dall’anima infernale: la sua bellezza sottende la brutalità, con la quale si alimenta, in una guerra perenne che è il principio motore della sua fisiologia. Un battito cardiaco che va e viene, seguendo il ciclo delle maree: un flusso ritmico che lambisce il nostro instabile suolo, ed a tratti si riempie di estremi, disperati guizzi animali.
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