Regia di Lucien Castaing-Taylor, Verena Paravel vedi scheda film
Un tempo capitale mondiale della caccia alle balene, New Bedford, in Massachusetts, è oggi un grandissimo porto dal quale ogni mese più di cinquecento navi da pesca salpano per passare intere settimane in mare. Al largo delle sue coste, le stesse dalle quali Herman Melville spinse il capitano Achab alla ricerca del "leviatano" Moby Dick, i registi Lucien Castaing-Taylor e Véréna Paravel girano il loro Leviathan, un documentario quantomai insolito, perché sperimentale ed audace sotto il profilo stilistico e strutturalmente immoto sotto quello narrativo.
Armati di una manciata di videocamere digitali GoPro, scelte per la loro resistenza all'acqua e agli urti, e piazzatene alcune in punti strategici di un peschereccio ed altre addosso ai pescatori che a bordo dello stesso solcano un mare non sempre quieto, puntano alla realizzazione di uno spettacolo che sia principalmente un'esperienza audiovisiva immersiva e frastornante.
Antropologi prima di tutto (il film è girato per il Sensory Ethnography Lab di Harvard: letteralmente, "laboratorio di etnografia sensoriale"), approcciano al genere affrancandolo dalla componente cronachistica e descrittiva, ponendosi come obiettivo quello di creare liberamente arte attraverso la combinazione di immagini in movimento e suoni: a tal fine rifiutano la discorsività propria del documentario convenzionale facendo a meno della voce fuoricampo, delle interviste, e di tutto ciò che ha carattere meramente espositivo, si astengono dal formulare qualsiasi giudizio di merito su quella che è di fatto una delle tecniche di pesca più distruttive per la fauna ittica e per i fondali (la pesca a strascico), e si disinteressano dei rapporti tra i "personaggi" e delle loro interazioni tanto da lasciare che i già pochissimi dialoghi restino perlopiù incomprensibili, sistematicamente affogati dai rumori di fondo.
Senza allontanarsi mai dalla barca, i due registi trasformano i corpi dei pescatori in delle sue appendici, e tutto ciò che le gravita attorno in parti integranti di un vero e proprio microcosmo a sé stante. E la commistione di neri profondi, colori saturi e impastati, stridenti fragori metallici e ipnotici gorgoglii, dà vita a quello che pare l'ultimo incubo - psichedelico e orrorifico - di uno qualunque dei pesci che in questo primordiale mondo parallelo sono destinati a tortura e morte: un mondo selvaggio e cruento, allucinante e allucinato, nel quale l'orizzonte è il pelo dell'acqua, sopra e sotto il quale le videocamere danzano permettendo al cielo di sovrastare il mare ed ai gabbiani di volare a testa in giù mentre a bordo, per mano degli uomini, ha luogo una disumana mattanza organizzata secondo le regole di meccanicistico rigore di una macabra catena di montaggio.
Ossessivo, onirico e crudo, Leviathan è un sorprendente spaccato di cinema espressionista.
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