Regia di Jean-Claude Brisseau vedi scheda film
Nell’ultimo dei tre giorni dedicati a quella festa del cinema chiamata “Le printemps du cinema”, la bella e piccola multisala Mercury di Place Garibaldi a Nizza ospita il regista Jean Claude Brisseau, omone ultrasessantenne pressoché sconosciuto in Italia, ma che ebbi occasione di incontrare oltre dodici anni fa a Cannes ove presentava, nell’ambito di una retrospettiva dedicata al cinema della banlieue e delle classi disagiate, il suo splendido, fortissimo e travolgente “De bruit et de fureur”, che a tutt’oggi è probabilmente la pellicola più nota ed apprezzata del cineasta francese.
Brisseau è una sorta di Silvano Agosti d’Oltralpe, che percorre la via tortuosa, complicata, ma libera da vincoli castranti propri del cinema più indipendente, ricoprendo, per necessità più che per desiderio, svariati ruoli, che in questa circostanza includono pure il ruolo dell’attore protagonista, condiviso assieme ad una giovane allieva della scuola di cinema ove il cineasta tutt’ora insegna.
Messa da parte per una volta la tematica sociale, i tentativi di integrazione del ceto sociale più umile col resto del mondo, la vita agra della giungla metropolitana, Brisseau ci intrattiene con una vicenda più intima, per certi versi forse un po’ autobiografica, che indaga sugli stati d’animo e sulle solitudini di una persona piuttosto avanti negli anni: nel caso specifico le vicissitudini che rompono la placida e abitudinaria quotidianita di un professore universitario in pensione, che si prepara ad affrontare in solitudine gli ultimi capitoli della propria esistenza. Fino al giorno in cui, mentre è impegnato nella stesura di un suo saggio sulle implicazioni genealogiche che potrebbero condizionare scelte e abitudini di vita contemporanee, finisce casualmente per soccorrere dal linciaggio una giovane ragazza, percossa violentemente sulle scale del suo pianerottolo da uno sconosciuto. Offerta la massima ospitalità alla giovane, succede inevitabilmente che tra i due si instaura un rapporto sin troppo intimo per non destar sospetti (almeno in capo allo spettatore più smaliziato): un legame di affettività che appare una via di mezzo tra un attaccamento filiale ed un sentimento amoroso.
Fino a che in quella casa borghese e un po’ demodé che diviene la dimora abituale pure della giovane, cominciano a verificarsi fenomeni strani ed inquietanti: allucinazioni, apparizioni spettrali, movimenti di oggetti che scatenano fenomeni inverosimili, soprattutto agli occhi increduli e razionali del professore, uomo di cultura ateo e per nulla avvezzo a credere al paranormale.
Brisseau - che conserva pure in questa occasione il dono ma anche l'ardire di scioccare lo spettatore, anche con riprese e situazioni imprevedibili che qui tingono la pellicola, almeno a sprazzi, di momenti horror intensi, al limite dell’assurdo, poco plausibili, ma efficacissimi a garantire qualche brivido imprevisto, si addentra in tematiche molto rischiose che comprendono una riconsiderazione di argomenti tabù come l’aldilà o la reincarnazione, aspetti che in un miscredente risoluto come il protagonista venivano rifuggiti con scherno e preventiva diffidenza.
Si tratterà di un tranello classico del noir più risaputo e tuttavia appassionante, ordito da una giovane femme fatale per circuire il vecchio professore o davvero esiste un richiamo ad una vita precedente in cui due anime separate dalla prematura scomparsa di uno dei due (l’amata moglie del professore, deceduta ormai da anni) si predispongono ad una rincorsa senza tempo tramite nuovi individui che sostituiscono quelli ormai scomparsi?
Il regista non risponde chiaramente a questo quesito ma ci gioca attorno in modo bizzarro ed inconsueto, evitando altresì i luoghi comuni del thriller (mentre i momenti horror risultano davvero inquietanti proprio perché disposti in un contesto anomalo del dramma intimo girato con telecamera a mano e una fotografia improntata sul più schietto realismo) fino ad una resa dei conti che, anziché risolvere gli enigmi, ne crea di nuovi lasciando sgomenti.
Vincitore a sorpresa del primo premio all’ultimo Festival di Locarno, il film di Brisseau, presentato in anteprima in questa occasione, è più interessante che riuscito, e fa dell’anomalia di un suo contesto narrativo bizzarro il suo più efficace punto di interesse.
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