Regia di João Pedro Rodrigues, João Rui Guerra da Mata vedi scheda film
Joao Pedro Rodrigues, portoghese con una manciata di titoli all'attivo riesce ad essere uno dei miei registi "giovani" (in fondo è solo del '66) preferiti. Quest'ultima sua inclassificabile fatica (come genere cinematografico, non certo come valore artistico) è un falso documentario col quale il regista narra la sua chiamata a Macao, piccola ex colonia portoghese che si affaccia nel Mare Cinese meridionale, per soccorrere l'amico travestito Cindy che gli ha chiesto soccorso. Una narrazione tutta particolare in cui il viaggio è l'occasione per il regista, che filmando quasi mai si riprende interamente, ma di cui scorgiamo al massimo sparute e fugaci parti del corpo, di ripercorrere un periodo felice di trent'anni prima, una giovinezza in una terra lontana ma per nulla straniera.
Giunto in loco, l'atmosfera misteriosa della metropoli, con i suoi lineamenti scheletrici, la sua skyline seducente che si contrappone ai quartieri più umili e popolari, riempie di inquietudine il protagonista, che tra l'altro si accorge che la sua amica è letteralmente svanita nel nulla. Sarà il ritrovamento di un macabro indizio ad indurre il nostro regista a smettere di poter illudersi ancora di ritrovare in vita la povera Cindy, costringendolo a lasciare con un senso di angoscia e desolazione la terra che un tempo era sinonimo, almeno per lui, di serenità e della spensieratezza dell'adolescenza. Magico e potente nel suo raccontare per immagini le brutalità di una società che ora più che mai ha sviluppato il suo lato animalesco, il film della coppia Rodrigues/Guerra da Mata è innovativo e dirompente, enigmatico ma seducente nelle sue inquadrature incisive e approfondite, che scavano all'interno di una metropoli che sembra vivere sovrapposta su se stessa, dove il ceto povero sopravvive in basso mentre quello ricco comanda nelle sfere più alte di una gerarchia fisica ma pure morale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta