Regia di John Carney vedi scheda film
Dopo “Once” (2006), si ripropone il binomio composto dal regista John Carney e la musica, senza la medesima atmosfera minimalista, con uno spirito diverso e la possibilità di scegliere interpreti di rango (in tanti vi avrebbero partecipato volentieri).
Già solo in questo campo, sono state fatte ottime scelte che si “sentono” e non solo per quanto riguarda le note.
Per puro caso, una sera Greta (Keira Knightley) e Dan (Mark Ruffalo) s’incontrano; entrambi non stanno vivendo un momento felice; lei è stata lasciata dal fidanzato (Adam Levine), pronto a diventare una star pop, lui è stato appena silurato dall’etichetta musicale che aveva creato e ha una vita famigliare che ha tempo distrutto con le sue stesse mani.
Dan vede in Greta del talento e decide di lanciarla nella musica, ma dovranno incidere un album da soli e senza soldi; per entrambi questa avventura assume il sapore dell’occasione per imboccare una nuova strada.
La vita è una sequenza di porte scorrevoli, basta un’imprevisto e “tutto può cambiare”.
Così Greta esce di casa di malavoglia e con estrema riluttanza canta sul palco di un bar mentre Dan si trascina da un locale all’altro e quando ormai vede il baratro di fronte sente un canto promettente che gli fa immaginare una canzone prendere forma.
Non è mai troppo tardi per intraprendere una strada, serve solo la scintilla, il resto è tutto da scrivere, ma se si hanno speranza ed un talento da spendere il punto di partenza è già buono.
E la speranza abbonda in quest’opera di John Carney, una sorta di (immersiva) poesia pop, con toni che si avvicinano alla favola, toccando le corde emotive con tatto, tra gioie e sofferenze, lacrime e risate, tra chi ha ideali senza prezzo e chi obiettivi da non farsi sfuggire, contrapposizione sintetizzata dalla distanza che intercorre tra una hit commerciale e una canzone personale, tra arte ed entertainment, vedasi la genesi nel film del pezzo “Lost stars”; la riscoperta del gusto di vivere e l’importanza di ciò che si è lasciato in disparte per troppo tempo fanno il resto.
Un insieme vibrante dal quale lasciarsi conquistare, con una prima parte più slanciata ed elaborata (il triplice approccio al medesimo incontro) e una seconda più metodica (le varie registrazioni), con maggiori concessioni ad una fuga dalla realtà che possono apparire come espedienti furbi, ma che fondamentalmente fanno un gran bene al tenore della narrazione.
Un’altra vera alimentazione dei sensi arriva dalla coppia di protagonisti, tremendamente bravi e persuasivi, distanti per tipologia di personaggi e terribilmente umani; Keira Knightley elargisce sorrisi dilaganti, al contempo sofisticata e genuina al punto di far sgranare gli occhi (e le orecchie), mentre Mark Ruffalo scandisce un’evoluzione più accentuata, passando dalla versione stropicciata dagli effetti di alcol e mal di vivere, ad una nuova consapevolezza, un’altra prova da interprete “fuori categoria”, completo in tutto e per tutto.
Un film positivo, di quelli che istantaneamente fanno sbocciare le emozioni con l’ulteriore merito di farlo senza scivolare, nel finale, nella canonica trappola dei film sentimentali, pur giocandoci parecchio, con una coppia di interpreti eccezionali, una sequela di scene da pelle d’oca (come quando Greta scopre il tradimento del suo compagno o ancora quando va ad ascoltarlo l’ultima volta, chapeau) e canzoni perfettamente calate nel mood del momento, su tutte “Lost stars” (cantata da lui e da lei), candidata agli Oscar, fa scorrere i brividi lungo la schiena, soprattutto nella versione più scarna.
Affettuoso ed esuberante.
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