Regia di John Carney vedi scheda film
Sorpresa: la "rigida inglese" Keira Knightley ha un'anima indie. Che abita meravigliosamente Begin Again (titolo italiano: Tutto può cambiare), piccola splendente perla firmata (regia e sceneggiatura) da John Carney (già autore di Once - Una volta) in formato soundtrack-opera, e permeata da un romanticismo che è tanto fuori (dal) tempo quanto impossibile da non adorare. Autentica visione romantica - scevra da briglie e logiche sentimentali(stiche) e da pretestuose laccate sovraincisioni "emozionali" - riversata su pellicola e restituita (al pubblico) in ogni traccia e componente: stato della mente che attraversa fasi e periodi, fortune e sciagure, drammi e crisi identitarie, rinascite e (ri)scoperte. Senz'altro un film sulla - e di, e dentro la, e con la - musica: libere lievi note e preziose pennellate vocali compongono una partitura dolcissima e delicata, che vive in/di New York nelle giornate traboccanti umori e rumori di fondo e negli scenari notturni di malinconie e solitudini da coltivare.
Ma è anche capace di sussulti/assalti di ficcante, sottile arguzia (riscontrabile nella descrizione, assai credibile, dell'ambiente e della "fauna" che lo popola), così come di sfumare in toni eccessivamente idealizzati, ma solo per eccesso, come dire, di "attitudine" (e comunque in maniera trascurabile). Una costante ricerca di "purezza" e di tocco, che sa far vibrare nel modo più giusto le corde dello strumento cinematografico (l'uso di flashback, i primi piani, le magnifiche fusioni tra immagini e suoni, la direzione degli attori, l'attenzione per i dettagli), fino a trovare - nelle immensità cosmiche di melodie tutte uguali, di distorsioni del cuore e di stelle (s)perdute - le esatte coordinate (atmosfere, linguaggio, contenuti) di una coinvolgente dimensione intimista.
"Marginale" e misurata finché si vuole ma profondamente pulsante, viva, di semplici accordi e riconoscibili echi lontani-vicini che descrivono una piccola magia sospesa felicemente nello spazio e nel tempo (del film).
E dimensione nella quale racchiudere tutti gli elementi della improvvisata orchestra dietro e davanti e dentro Begin Again: le frequenze imprevedibili che riverberano dalla complessità dei rapporti e delle relazioni, le instabili sequenze del quotidiano che producono litanici loop esistenziali, la strada come tappeto sonoro di scelte e compagnie e (forse) nuovi inizi, ricordi e memorie custodite/trasfuse in playlist che dicono chi sei e chi vorresti essere; e New York, spazio unico di una libertà prima spirituale che fisica («la città sarà la nostra sala d'incisione»).
Interpreti eccellenti, a partire dai comprimari: il divertente James Corden (personaggio eclettico, la cui esuberante verve brillante è stata sfruttata anche in un paio di episodi del Doctor Who), Catherine Keener (forse un po' sprecata, ma inappuntabile), Hailee Steinfeld (canonica la sua ragazzina arrabbiata e ribelle, ma si smarca con l'inaspettata performance chitarristica), e persino il debuttante Adam Levine - leader dei Maroon 5 e non proprio un mostro di simpatia - funziona egregiamente (insomma, fare lo stronzo gli riesce proprio bene).
Ma è indubbio che è la pellicola - oltre che nei bei pezzi della colonna sonora scritta creata da - vive nella coppia di protagonisti: la loro chimica è evidente e persistente, dona respiro pieno ed ampio, e lascia una piacevole sensazione, come una canzone che si riascolta sempre volentieri. E se Mark Ruffalo è perfettamente calato nella sua parte, credibile in ogni sfumatura ed espressione, la versatile - checché se ne dica - Keira Knightley (già abitante l'universo delle opere indipendenti con il gioiellino Seeking a Friend for the End of the World, e non a caso anche nel debutto registico della sceneggiatrice Lorene Scafaria la musica rivestiva un ruolo tutt'altro che secondario), malgrado non lo avesse mai fatto prima, si mette pure a cantare. E sorprende: ottima presenza, bella voce, performance intense, adorabile sempre e ancor di più.
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