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Le origini del male

Regia di John Pogue vedi scheda film

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La recensione su Le origini del male

di EightAndHalf
6 stelle

C'è un momento, nelle riprese finto-amatoriali di un qualunque POV più o meno normale o anomalo come The Quiet Ones (o semi-POV, visto che per metà il film è anche "normale"), un momento appunto, in cui, in seguito al movimento della mdp portato avanti per spostare lo sguardo su un'altra persona velocemente, l'occhio deve abituarsi a quello che, dopo il caos dello spostamento, può vedere. Un momento in cui deve realizzare se avere paura o meno, un momento in cui esplora tutto l'ambiente che circonda la nuova faccia osservata, e decide se l'eventuale spavento che il film provvede a procurare se l'aspettava oppure giunge lo stesso improvviso. Per questo stato di ansia, di mobilità-fragilità della percezione, il POV  è un genere che sopravvive e sopravvivrà, e pur utilizzandolo in maniera anche abbastanza diversa rispetto ai POV che riempiono i nostri cinema di recente (ultimo ma non ultimo, La stirpe del male, che sarebbe meglio dimenticare), The Quiet Ones  ne rispetta i canoni, riflettendo anche su quale contributo al genere horror proprio questo genere così bistrattato può dare.

 

Allo stesso tempo, però, il POV si cimenta con una insanabile contraddizione. I "fatti accaduti realmente" dei titoli di testa sono ormai una trovata vecchia come la morte, se non fosse che, nel finale (e non è uno spoiler, perché ci sarebbe ben altro da "spoilerare"), proprio la pellicola diretta in maniera amatoriale finisce distrutta. Come abbiamo visto, dunque, quelle immagini? Attraverso la sfera finzionale proveniente da dove, creata da dove?

 

Niente paura, però, per i puristi/prevenuti: non si tratta di un capolavoro. I difetti sopravvivono sempre in film del genere. Ma  The Quiet Ones  si aggiudica il titolo, oggi raro e troppo spesso irraggiunto, di horror "interessante", "medio", e dunque assai desiderabile per un appassionato. Perché John Pogue, regista del bruttino Quarantine 2: Terminal (che comunque era meglio e più divertente del Quarantine inutile remake di REC), ha l'intenzione di farci davvero tremare, e se in parte ci riesce è proprio grazie ad una regia che sa quel che vuole, e che nelle sequenze più "finte" e professionali si lancia in carrellate virtuose e spostamenti al limite del geniale, rendendo consapevole l'occhio attento che Pogue di film horror del passato ne ha visti, e sa quanto è importante il rapporto fra spazi e sguardi. Una carrellata per esempio in cui l'immagine è intervallata dai pilastrini del passamano di una scala, così come la luce che, proiettata verso il soggetto da analizzare, qui Jane, ragazza dai presunti poteri telecinetici, una luce, si diceva, che è circondata da un cilindro bucherellato e in movimento, che riproietta la luce a frammenti sui volti e sui luoghi: un discorso che è ben comprensibile alla vista più che con le parole, ma che rivela la grande consapevolezza registica che c'è in John Pogue e dietro The Quiet Ones. Una consapevolezza che avrebbe potuto portare a ben altri livelli, forse con personaggi meno costruiti, forse con un ampliamento delle psicologie. Ma che problematizza un discorso prettamente orrorifico, non tanto quello del rapporto fra scetticismo e creduloneria, ma quello del rapporto fra un'interpretazione o un'altra, cioè a dire sulla costrizione razionale per incanalare l'irrazionale. La fiducia nella scienza così come nell'occulto cadono sistematicamente durante l'intero corso del film, e tutto quanto è ridotto alla semplice interpretazione, o ancora meglio al miglior modo per ricomporre i pezzi: la storia ha un ruolo fondamentale, in The Quiet Ones, e non è mai invasa/rovinata da effetti speciali esagerati, che ci sono ma vengono usati perfettamente (l'ectoplasma che fuoriesce per via orale colpisce per la resa tecnica e per il suo essere un unicum  in un film che, altrove, si vanterebbe del basso budget). La storia, in questo Le origini del male  (diffidare sempre dei titoli italiani), è l'elemento davvero cruciale: non è il solito esorcismo, ci troviamo di fronte alla costruzione dei nostri stessi fantasmi.

 

Essi non vivono/muoiono autonomamente, ma nascono dalla nostra coscienza, dalla nostra follia/conoscenza, e si incarnano in movimenti, gesti, rumori, tutti quelli che gli horror più tradizionali riservano agli spettatori più paurosi. Quindi il demone non viene da fuori, ma parte da dentro e influenza tutti. Ma è meglio il demone dell'Inferno o il demone della megalomania e dell'insensatezza del senno? Nessuna risposta, un milione di domande, perché il film "finisce" ma sa "non finire", e forse meriterebbe giudizi più alti, ma probabilmente a chi è avvezzo al genere non saprà aggiungere granché, se non il fatto che gli orrori ce li creiamo da soli, dando allo spettatore la sensazione che la paura, che a volte si slancia da questo film, non la crei il film stesso, ma siamo noi a impiantarcela. Ed è per questo che  The Quiet Ones merita di essere visto, ed era certamente imprevisto.

 

Ciak (fatto con le mani, che sbattono, come ad applaudire tragicamente). Azione. Un male non demoniaco ma inconsapevole si insinua come un serpente e si fa seducente e sconvolge e atterrisce e morde e tira via dalla luce verso il buio dell'inconscio che implode che ci investe che ci spaventa. Persone che si amano e si tradiscono e si odiano e si attraggono per i motivi più falsi bugiardi ipocriti. Fantasmi e uomini vivi che partoriscono fantasmi infuocati che lanciano faville da un materasso di una culla. Un parto che è anche morte come anche è la nascita della morte. Uno sguardo che filma tutto e che vede le cose e le registra e le rivela per come sono senza che esse possano dimostrare mai veramente loro stesse e ridursi così a materiale su cui ponderare capire o anche immaginare. Il fallimento di chiunque in tutto e per tutto. E se il dramma non scatta mai, né l'empatia, e scappano troppe ingenuità eccessivi candori e rischiosi motivi di indifferenza, tutto va verso la strada giusta e dunque, John Pogue, ti riaspettiamo al varco per spiegarci come possano esistere vie infinite di interpretazioni e di come queste pretendano di scavare l'occulto. Ciak, fine, buio.

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