Regia di Henry Alex Rubin vedi scheda film
Smartphone, tablet, iPad, c2c, facebook, forum e chat room. Il nuovo dizionario della lingua universale è il motore da cui partono le vicende di Disconnect di Henry-Alex Rubin. Presentato fuori concorso a Venezia 2012, Disconnect è un esempio di ingiustizia selezionatrice: non si spiega come mai, ad esempio, il film non sia stato ammesso al Concorso, dove avrebbe decisamente attirato tutta l'attenzione che merita.
A prima vista dalla trama alquanto commerciale, Disconnect sorprende per come il regista intrecci tre racconti di disperazione frutto della tecnologia, forse non ancora assimilitata dalla società circostante e con cui tutti abbiamo a che fare tutti i giorni. Oltre che ad essere strumento di lavoro e mezzo di comunicazione amicale sempre più invasivo, internet presenta il suo conto quando la troppa interconnessione e dipendenza dal medium conducono alla violazione della legge creando nuovi reati. Bullismo virtuale, sfruttamento e furti di identità sono i tre fulcri su cui ci si concentra, passando in rassegna gli effetti devastanti a cui conducono. Le tre storie, tenute narrativamente separate ma accomunate dall'intersezione di uno o più personaggi, vedono coinvolte una coppia in crisi a cui l'iscrizione a una chatroom da parte di lei comporta un furto d'identità che distrugge ogni certezza, un adolescente introverso vittima di uno scherzo su Facebook da parte di due bulletti di periferia e una giornalista che per arrivismo non esita a mettere in pericolo la vita di un ragazzo incontrato su una videochat per adulti.
In tutti e tre i casi le relazioni umane sono assenti e sostituite da quelle virtuali. La moglie in rete si illude di trovare il conforto e le attenzioni negate dal marito, l'adolescente vive l'ebbrezza del primo amore che irrompe nel suo mondo di solitudine, i cyberbulli sostituiscono i genitori assenti e la giornalista trova il suo mezzo di realizzazione personale. Poiché le apparenze dominano il virtuale e le identità sono rimesse continuamente in discussione, il ribaltamento di ruoli tra vittime e carnefici si riversa anche nella dimensione reale.
A metà strada tra il thriller il dramma sociale, Disconnect trova nel finale il suo elemento di maggior pregio. La tensione che percorre l'intera opera trova sbocco in una lunga sequenza che, giocando con il rallenty, si prende amorevolmente gioco dello spettatore. Portandosi su un terreno scivoloso e lasciando prevedere una chiusura consolatoria, Henry-Alex Rubin porta i suoi personaggi a risolvere prima di tutto le loro divergenze interiori senza accanirsi sui responsabili dei torti subiti.
Voto: 8.5
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