Regia di Pascal Bonitzer vedi scheda film
Critico per i “Cahiers” e sceneggiatore capace di passare da Rivette a Gemma Bovery, Pascal Bonitzer è regista degli inciampi del destino, dei progressivi spostamenti del caso (come il giallo Alibi e sospetti: nessun restauro della ragione, solo gioia della digressione). Di questa poetica scentrata, di scarti e slittamenti, Cherchez Hortense è il momento di massima grazia: racconto di un borghese burbero e scontento costretto ad aiutare un’immigrata, è una commedia d’equivoci in cui si scontrano generazioni e culture, un cinema colto, ma popolare. Perché capace di confrontarsi con i temi del presente, non riducendoli a temini scolastici. Ridendo, ma non deridendo. Perché in cerca di prospettive eccentriche, capaci di riscrivere tragicomicamente il pregiudizio dello spettatore e restituire quanto di complesso nasconde il reale. Perché in grado di definire con scrittura minuta e leggiadra il legame tra il sociale e il sentimentale, il politico e il privato. E di alleggerire tra paradosso e assurdo Cechov e Kafka. Cercando, dietro la
commedia rosa, le aporie dello sguardo dominante dell’uomo bianco, europeo, eterosessuale: lo dimostra perfettamente, sul finale, il momento in cui accoglie la soggettiva incredula e incongruente di un uomo d’origine asiatica sui protagonisti. Perché Cherchez Hortense, esilarante ed elegante, sa che lo sguardo dell’altro è irrudicibile al nostro. E che è un enigma, tutto da comprendere,
come i fiori gialli che chiudono il film.
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