Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
E' tornato, Pedro è tornato. Forse più simbolico del solito, ma senza più sguardo serioso, come se il mediocre "La pelle che abito" l'avesse portato a una saturazione troppo alta di serietà. Il racconto dell'essere umano, anche più profondo e raffinato, si ordina in una divertentissima ora e mezza senza nessun gratuito gusto per la morbosità (come talvolta gli è capitato), né con quella tendenza a rendere tutto serio e importante. Eppure questo film è importantissimo, un'apparente barzelletta sulla vita e sulla morte. Sembrerà azzardato (ma non lo è) trovare nel viaggio dei protagonisti dell'ultima fatica almodovariana i passaggi fondamentali della vita dell'uomo, nascita, crescita, maturità, fino a una morte ricacciata sempre più in fondo, lontana, ma mai sconfitta, allontanata grazie a droga, sesso e rock'n'roll (esilarante la scena musical, ma anche splendidamente diretta). Il ritmo e il tono cercano di fare un compromesso fra il suo primo cinema (l'eccessivo ma fondamentale "Pepi, Luci e Bom") e qualcosa di nuovo, a cui forse è arrivato attraverso "La pelle che abito", ma che qui ha raggiunto un alto livello. Il simbolo, senza le variazioni narrative e sociali di "Volver", con tutto il sarcasmo di "Donne sull'orlo di una crisi di nervi". Qualcosa di nuovo, la nascita nel decollo dell'aereo (e Penelope Cruz curiosamente incinta), la giovinezza e l'illusione (la morte non esiste, godiamoci il viaggio tranquillamente), la crescita e la presa di coscienza (l'aereo crollerà), l'età adulta in cui ci creiamo le illusioni (sesso in allegria, omo/etero, e droga in grandi quantità), la morte (pensiamo di essere atterrati, ma poi camminiamo su nubi paradisiache). Splendido, coloratissimo come solo il regista madrileno sa fare, un approccio allegro alla vita, non un capolavoro, ma l'indice forse che Pedro sta per "volver" (tornare).
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