Regia di Bruno Oliviero vedi scheda film
È una sporca faccenda, ispettore Monaco. Un maturo signore dell’alta borghesia milanese, disinvolto seduttore di giovani fanciulle, viene ucciso in casa in una notte da tregenda. Una ragazzina è arrestata subito dopo mentre insieme ad alcuni coetanei spara alle bottiglie, in periferia. Solo che la ragazzina è figlia dello sbirro, e l’arma è la sua d’ordinanza. Le due vicende si complicano. E soprattutto, si mischiano. Inizia così La variabile umana, noir di Bruno Oliviero musicato da Michael Stevens, spesso compositore per Clint Eastwood. Silvio Orlando poliziotto sui generis: napoletano (anche il regista) ma introverso e plumbeo come Milano, vera protagonista del film, una città che funziona come un contagio, pericolosa e irresistibile. Forse ci voleva uno sguardo “straniero” per raccontarla così: una percezione nera, umida e autunnale a prescindere dalla stagione. Capitale (im)morale che rimanda a Scerbanenco; anzi pare che il peccato originale della polis resti invariato dai tempi di Venere privata e Traditori di tutti. Stando al genere, La variabile umana ha qualche fragilità: sfuggono le motivazioni del comportamento di Sandra Ceccarelli, personaggio un po’ sacrificato, mentre la durezza questurina di Giuseppe Battiston, ma anche del dirigente Renato Sarti, viene solo accennata (e poi dai, uno sbirro non gira in macchina ascoltando Radio popolare...). Ma il noir, pur trattato con rispetto, è ovviamente il pretesto per un film politico, anche in senso letterale, etimologico: la città laboratorio di tensioni esistenziali e sociali spesso in divenire (la pellicola è stata scritta prima che scoppiasse il caso delle “olgettine”) dove il denaro ha sempre un ruolo, più che altrove. Certo a Oliviero, autore della sceneggiatura con Doriana Leondeff e Valentina Cicogna, interessano soprattutto il poliziotto, vedovo, scostante, abile nel proprio lavoro ma disilluso, e il suo percorso di avvicinamento alla figlia, che da caso giudiziario diventa variabile umana, appunto, senza che si banalizzi mai il loro rapporto fino a quel momento complicato e perfino rimosso. In fondo si parla di futuro in questo noir meneghino intenso e originale, quello al quale i padri non credono e che i figli non vedono.
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