Regia di Russell Rouse vedi scheda film
Buon western, lodevole negli intenti di introspezione psicologica del protagonista e di analisi di certe problematiche morali, anche se la messa a fuoco di certe questioni poteva secondo me essere migliore. In particolare a me pare che il film faccia una lieve confusione tra il problema di alcolismo di Glenn Ford e la sua mania per la pistola. Anche questa poteva essere definita meglio: da una parte non può fare a meno di sparare e di far sapere a tutti che sa farlo, dall'altra poi dice che era stato iniziato a forza da suo padre e che detesta la violenza. Siamo cioè in presenza di un intrico di sentimenti, motivazioni interiori, desideri repressi e sensi di colpa, che convivono nell'interiorità del tormentato protagonista. La parte migliore del film è forse l'episodio degli abitanti in chiesa, combattuti tra il giuramento che hanno fatto e la minaccia del fuorilegge di incendiare il villaggio. Lo stesso Ford è lacerato tra la promessa fatta, la paura, e la necessità. Insomma, si crea un certo guazzabuglio. Interessante anche il discorso, secondo me vero, che la sola presenza di un pistolero in un villaggio attirava una quantità di emuli e sfidanti e innescava inutili sfide in cui molti ci lasciavano la pelle; e questo solo per la smania di essere il migliore. L'attenzione del regista non è tuttavia sull'azione ma appunto sulle problematiche morali, il che fa salire il grado di difficoltà della suo mestiere. Un film interessante, complessivamente riuscito, originale, che forse andava limato e aggiustato qua e là, lontanissimo dal cinema odierno, effettistico e superficiale.
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