Regia di Jean-Pierre Jeunet vedi scheda film
T.S. Spivet è un bambino straordinario, capace di inventare la macchina del moto perpetuo a soli dieci anni. Vive con la sua famiglia, isolato, tra vallate e cavalli: ha un padre cowboy, un fratello gemello la cui morte accidentale muove tutte le vicende, una sorella annoiata e una mamma entomologa per diletto. Insomma, è troppo intelligente per il Montana e fuori c’è un mondo che lo attende, pronto però a spremerlo, cannibalizzarlo e farne un fenomeno da baraccone. Ma la vera America vive e resiste tra poliziotti sovrappeso, nomadi e guidatori di tir, continuando ad alimentarsi del mito che ha fatto grande il western e la letteratura a stelle e strisce. Tanta carne al fuoco (obiettivamente troppa), l’usuale cifra fiabesca, l’ossessione per la composizione dell’immagine e un tono lirico-malinconico studiato maniacalmente: il cinema di Jeunet mantiene tutte le sue coordinate in un affresco pensato per i più giovani, ma che non si affranca mai da quel manierismo dei sentimenti che riempie gli occhi e allontana il cuore. Un problema generale di coinvolgimento caratterizza tutto il film: difficile integrare road movie e coming of age, avventura e racconto della frontiera (ineditamente da ovest a est), rimozione del lutto e redenzione, tradizione e critica al mondo dei media, se l’impianto rigetta sempre la semplicità e l’empatia con il protagonista è continuamente pregiudicata dalla ridondanza e dall’artificiosità delle sue riflessioni.
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