Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Si dice sia il migliore dei due spaghetti che Lenzi diresse nella sua carriera. In effetti va detto che "Una Pistola per Cento Bare", nonostante dialoghi elementari ed una struttura narrativa troppo telefonata con un'esagerazione di scene di solo raccordo, propone delle varianti al genere rilevanti. Una su tutte la parentesi dei pazzi criminali evasi dal carcere: ha sapore horror, perchè è una sequenza cupa, violenta, inaspettata e dai tratteggi da incubo. In più la trama è una scatola cinese unica, con i soliti tre protagonisti che vogliono farsi le scarpe a vicenda. I loro nomi sono: quello buono e bello, e commovente, di Peter Lee Lawrence; quello di John Ireland; e soprattutto quello cattivo e luciferino del sempre incredibile Piero Lulli. Sono questi caratteri (Lawrence e Lulli soprattutto) a dare una resa maggiore alla storia.
Va detto anche che il continuo riferimento a cimiteri, bare, morti, croci, aiuta a gettare un'atomsfera insolita e bizzara al film western. E l'apparizione finale di un Eduardo Fajardo, nei panni dell'ultimo pazzo criminale che ritorna all'improvviso per tentare ancora una volta di uccidere, ricorda, o meglio anticipa, il clichè del killer spietato che, creduto morto, alla fine del film ha il suo guizzo finale.
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