Regia di Robert Rodriguez vedi scheda film
Prima ancora di vedere il film abbiamo il fake-trailer dell’imminente seguito: Machete Kills Again …in the space. Roberto Rodriguez è sicuramente uno degli autori più interessanti della contemporaneità cinematografica e il suo Machete è di sicuro uno dei modi migliori per riflettere su cos’è anche il cinema oltre che autorialità. È soprattutto e doverosamente “genere”. Chi scrive è convinto che con il genere si possano raccontare ogni sorta di storia ed essere sempre attuali, inoltre l’immaginario di genere è più incisivo di ogni altro. Insomma, il genere, se fatto bene, non è databile.
Anche questa goliardica avventura del “messicano sbagliato” è travolgente e spassosa e ci lascia stupiti ad ogni colpo di scena non in linea con le aspettative del pubblico, come se il regista oltre a giocare alla riproposizione di un’estetica del passato – i muscle-movie degli ’80 – volesse superarla e rifletterci sopra metadiscorsivamente attraverso iperboli violente e pressapochismo del testo, affettazione dei caratteri e battute cult.
Il gioco è comunque puntato al rialzo. È un sequel e quindi bisogna strafare, non solo visivamente, come con intestini che tornano ad essere usati diversamente dalla loro principale funzione, ma anche tematicamente proponendo un supercattivo bondiano, Mel Gibson, con un progetto inimmaginabile – ma la distruzione dei numeri del Dottor K1 in Nati Con la Camicia (1983) resta ancora insuperata – e delle armi e dotazioni così assurde che se un giorno le vedessimo davvero in qualche esercito non crederemmo ai nostri occhi.
Eppure il gioco funziona, e il giocattolone Machete stupisce. Danny Trejo, già culto per me in Dal Tramonto all’Alba (1996), Anaconda (1997) e Curse of El Charro (2005), si inspessisce nel ruolo che gli ha regalato l’immortalità. Un piccolo gigante buono, alto solo 1.70 m, viso rude, cattivo, di quelli che ti tengono lontano, ha due occhi buoni, da bambino, e questo gli permette di sviluppare un personaggio solo sulla carta monocorde. In questo secondo capitolo invece, non riusciamo a non volergli bene.
Il film è ovviamente di facile lettura, anche se il gioco autoriale di Rodriguez è chiaro e permette analisi strutturaliste più profonde. L’affondo sociale, molto più politico e diretto nel primo Machete (2010), qui è più leggero, ipotizza i soliti scenari complottistici che coinvolgono presidenza e servizi segreti, ma non calca il dito – il Robert De Niro del primo film era molto più incisivo del neo presidente Carlos Estevez o del guru veggente della hi-tech Voz interpretato da Mel Gibson. Il machete invece taglia e smembra chiunque, e forse qui ci arriva la cattiveria più sottile del regista che nella esasperazione visiva con cui coreografa sparatorie e morti e spappolamenti assuefà il pubblico, ormai avvezzo al torture-porn, ai reality e alla cronaca nera dell’informazione spettacolo che in America forse è peggio che da noi, così tanto da divertirli come scimmie al circo senza farli pensare che l’assurdità di quelle morti e di chi le comanda non è poi così lontana dalla realtà. Presidenti e faccendieri passano così per macchiette da film di serie B, come da omaggio alla explotation degli ‘80s qui sottesa, invece che preoccupare e aprire dibattiti seri e critici.
C’è molta più politica, magari di sola matrice Mex, in Machete – e negli altri Rodriguez – che negli ultimi dieci Spielberg.
Il migliore in campo è ovviamente Danny Trejo, ma Mel Gibson, repubblicano di quelli più retrivi, cattolico fanatico, uomo con cui non mi fermerei mai a pranzo, è comunque un attore che sa rendere l’idea e questo gli va riconosciuto. È l’unico a interpretare il suo ruolo con fantasia, senza sedersi sugli allori del macchiettismo.
Va detto però, che il il giocattolone inizia a stancare. Se mai il terzo capitolo dovesse arrivare, si spera che chiuda davvero una bella e barocca trilogia.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta