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Paulette

Regia di Jérôme Enrico vedi scheda film

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La recensione su Paulette

di Decks
6 stelle

12 anni prima l'Inghilterra ebbe Grace: una signora di mezz'età, che per pagare i debiti del marito, sfruttò la sua passione per il giardinaggio così da coltivare e vendere marijuana.

Nel 2012 Jérôme Enrico si ispira in parte a questa storia: il suo prodotto è concepito con una levità più transalpina, spingendosi in delle denunce sociali che il collega Nigel Cole aveva tralasciato.

 

Enrico affronta problemi attualissimi tramite un personaggio particolarmente indovinato quale la burbera e incattivita Paulette: non una dolce e riservata nonnina, ma una vecchia inacidita che non ci stupiremmo di incontrare in qualche via del nostro paese o città. Orgogliosa, xenofoba e povera: è quest'ultimo aggettivo che colpisce maggiormente lo spettatore, ben più delle scomode frasi razziste che la donna pronuncia continuamente; una cattiveria che non risparmia nemmeno a suo nipote.

Eppure, ci troviamo impietositi dalla condizione insostenibile di questa anziana, capendo che il suo odio è dovuto esclusivamente alla sua condizione disperata: una volta migliorato il suo tenore di vita, Paulette cambierà profondamente fino all'inevitabile cattura.

La frase detta nel finale, rivolta al marito defunto, meglio rappresenta l'attuale stato di indigenza degli anziani dovuta alla crisi economica interplanetaria.

 

"Lo so Francis, non avrei dovuto, ma sono sola da dieci anni ormai... Come si tira avanti con 600 euro al mese? Dimmelo tu"

 

Se l'arma migliore di Enrico era, però, proprio il ritratto ironico dell'intollerante, dopo metà film tutto ciò scompare, lasciando posto ad un pasticcino più dolce e innocuo: si ride sempre per l'insieme delle situazioni, ma la vicenda si appiattisce su una medietà che abbiamo tutti già visto in altre decine di occasioni.

Per di più, sembra che l'unico motivo che trasforma la vecchia megera in una nonnina "comme il faut" sia il denaro: una visione così materialista, non solo compromette l'intero lungometraggio, ma rende vano qualsiasi messaggio di integrazione o apertura verso le droghe leggere, contraddicendo tutte le premesse. Più quattrini dunque e più felicità. 

 

Dominique Lavanant, Bernadette Lafont, Carmen Maura, Françoise Bertin

Paulette (2012): Dominique Lavanant, Bernadette Lafont, Carmen Maura, Françoise Bertin

 

In merito ai tecnicismi, rimane tutto sulla media: semplici e con nessun sfoggio artistico o sperimentale.

Cade l'occhio sulle sceneggiature e la regia di Enrico: le prime, scritte assieme ad alcuni allievi del corso di sceneggiatura dell'ESEC, hanno la giusta inventiva per particolari situazioni, toccando lievemente temi interessanti dell'attuale Europa; si percepisce, però, una costruzione scolastica dell'insieme, rivelando una seconda parte decisamente canonica e senza coraggio. Rimane, comunque, leggero e simpatico.

La seconda dimostra un'eccessiva attaccatura ai precedenti lavori televisivi di Enrico: commette alcuni errori da principiante e si limita a farsi trasportare dalla forte presenza di Bernadette Lafont, che avendo lavorato con registi del calibro di Truffaut, Miller e Chabrol sa benissimo come muoversi sul set.

L'attrice, difatti, è la scelta migliore che potesse capitare a Enrico: la sua ultima interpretazione non solo è riuscita, ma divertentissima nei modi di fare; essa è dotata di un umorismo nero e cattivo che fa sghignazzare anche il pubblico con più moralità. Da sentire in lingua originale solamente per i suoi dialoghi: cortesi ed educati con persone di alto rilievo, oltraggiosi e maleducati con i nuovi francesi colorati; il cambio di tonalità durante le vendite è un tocco di classe. Frasi goffe e sussurate prima, per far posto a parole più spigliate e giovanili dopo.

 

Bernadette Lafont

Paulette (2012): Bernadette Lafont

 

Commedia agrodolce che diverte quanto basta, grazie ad un'interprete fenomenale diventa un risultato migliore di tanti altri lungometraggi.

I dolcetti proibiti di nonna spinello sconfiggono lo spread e fanno riflettere, ma hanno un retrogusto di occasione mancata e messaggi poco edificanti, che sommati ai tecnicismi ne fanno un titolo appena sulla soglia della sufficienza.

Da vedere, comunque, per sorridere dei mali (e cose che vengono "spacciate" per mali) del nostro tempo.

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