Trama
Subito dopo la morte del padre nel 1913, la scultrice francese Camille Claudel (Juliette Binoche) viene internata dalla madre in un manicomio nel sud della Francia. Vittima del mancato successo come artista e della relazione finita male con lo scultore Rodin, Camille trascorre in manicomio quasi trent'anni prima della sua morte nel 1943 senza mai tornare a scolpire. Durante l'inverno del 1915, passerà tre giornate in attesa di una visita del fratello Paul.
Approfondimento
CAMILLE CLAUDEL 1915: BREVI CENNI BIOGRAFICI SULLA "SCULTRICE PAZZA"
Originaria di Villeneuve, nel dipartimento dell'Aisne nel nord della Francia, la scultrice Camille Claudel nacque nel 1864 ed era sorella dello scrittore Paul Claudel, di quattro anni più giovane. Allieva del maestro scultore Auguste Rodin fino alla rottura avvenuta nel 1895, Camille Claudel nel 1913 - alla morte del padre e dopo dieci anni passati reclusa nel suo studio di Bourbon a Parigi - fu internata dalla famiglia per via dei suoi disturbi mentali e non ritrovò mai più la libertà. Rinchiusa in una struttura nei pressi di Parigi prima e in un manicomio nel sud della Francia dopo, Camille non poté mai più scolpire e rimase per 29 anni in attesa di una visita del fratello Paul, con cui intratteneva uno scambio epistolare. Morì il 19 ottobre del 1943 all'età di 79 anni e venne sepolta in una fossa collettiva, senza che sia stato più possibile ritrovarne il corpo.
UNA DONNA IMMERSA NELLA SOLITUDINE
Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont, presentato in concorso al Festival di Berlino 2013, racconta tre giorni di vita da reclusa della Claudel durante l'inverno 1915. Il film ha preso le mosse quando Juliette Binoche ha contattato Bruno Dumont mentre questi si trovava ancora impegnato con le riprese di Hors Satan. L'idea in un primo momento era quella di girare insieme la storia di una donna immersa nella solitudine nella sua abitazione quando, complice un libro sulla biografia della Claudel che Dumont stava leggendo, il regista ha realizzato che in quel momento la Binoche aveva la stessa età che aveva la scultrice quando è stata reclusa. In poco tempo, nella mente di Dumont nasce l'ipotesi di girare un film sulla Claudel e sul periodo in manicomio, di cui non si sa quasi nulla e di cui le uniche testimonianze a disposizione sono le cartelle cliniche. Camille Claudel 1915 è, inoltre, un film quasi silenzioso, ad eccezione dei due o tre momenti in cui le parole che Camille non era riuscita a dire escono tutte in una sola volta.
UN CAST DI VERE PAZIENTI E INFERMIERE
Durante i tre giorni raccontati da Dumont in apparenza non succede nulla. Camille è una donna che non fa niente e rimane assorta nella sua intensa interiorità, circondata dagli altri internati. Dumont ha scelto di affiancare a Juliette Binoche donne che soffrono o hanno realmente sofferto di malattie mentali e molte delle situazioni rappresentate sono frutto della loro spontaneità e del loro essere. Dato che ognuna di loro recita se stessa, per non confonderle, sul set vigeva una regola generale per tutti: chiunque doveva riferirsi a Juliette Binoche chiamandola Camille. Per evitare incidenti o altri rischi, accanto alle vere pazienti hanno recitato anche le infermiere che si prendono cura di loro rivestendo i ruoli delle suore del manicomio.
I momenti di silenzio, crisi, dolore, pianto, noia e linguaggio non verbale delle internate fanno così quasi da controcanto ai personaggi di Paul e Camille, due personalità dalle straordinarie capacità artistiche e comunicative rese evidenti dalle lettere che i due si scambiavano.
Trailer
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Commenti (1) vedi tutti
Il rigore registico di Bruno Dumont si sposa con la complessa personalità di Camille Claudel. L'attenzione si fissa su quando la scultrice ha ceduto il passo del genio creativo ai deliri della pazzia. Tenendo fede a se stesso, Dumont lavora sui silenzi e sul disordine interiore dell'artista. Un film affascinante che esalta la bellezza dell'anima.
commento di Peppe Comune