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La sposa promessa

Regia di Rama Burshtein, Yigal Bursztyn vedi scheda film

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La recensione su La sposa promessa

di gaiart
8 stelle

VENICE FILM FESTIVAL 2012

 

Come “RIEMPIRE IL VUOTO”
tra est e ovest?

Lemale et Ha'Halal

AL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA 2012: Come “RIEMPIRE IL VUOTO” tra est e ovest?
 

 

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Come “RIEMPIRE IL VUOTO”
tra est e ovest?

How to “FILL THE VOID”
between est and west?


La passione viene dal non avere qualcosa e dal desiderio che quest'assenza produce.
Rama Burshtein

Con questa potente affermazione tratta da un’intervista alla geniale regista Rama Burshtein, si apre il Festival del Cinema di Venezia che ha sorpreso quest’anno per la mole di film makers provenienti da paesi medio orientali che spesso hanno saputo sorprendere gli spettatori con film intensi, profondi, fuori o dentro il concorso.
È il caso dell’eccellente pellicola in concorso di Rama Burshtein, Lemale et Ha'Halal (Fill the void) in cui la regista spiega che la religione aiuta a preservare la passione e che essa è uno strumento molto potente in tal senso.
Incentrato su una forma d’integralismo connesso alla religione ultra ortodossa haredi, ramo dell’ebraismo, il film che è un misto di erotismo, eccitazione, dogma, paura e lutto, narra della storia di Shira, una giovane donna la cui vita assume un peso di grande responsabilità.
Incentrato sul misterioso stile di vita della comunità chassidica, si scopre che Shira ha perso sua sorella maggiore di parto. Il marito vuole risposarsi anche per dare una madre al figlioletto e sta per scegliere una donna che vive in Belgio. La madre di Shira allora le propone di rinunciare al suo futuro e di sposare invece il vedovo. Attrazione, desiderio, misto a paura, senso del dovere sono i binari su cui la trama si dipana. Bravissima Hadas Yaron, attrice esordiente, che ha vinto il premio coppa Volpi con questo personaggio.

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Lemale et Ha Chalal, Rama Burshtein

Interessante poi l’anamnesi cruenta del regista sempre israeliano Ariel Vromen che con Iceman, esplora la scissione psicologica e animica di un killer polacco della mafia newyorkese, la cui storia vera lo portava a essere spietato e freddo nel lavoro e un padre amorevole nella vita familiare. La storia di vita di Richard Kuklinski che uccise 200 persone e ottenne 6 ergastoli è interpretata magistralmente da Michel Shannon sia per le sfumature del suo sguardo misterioso, a tratti dolce, spesso inquietante, sia per un fisico che incute soggezione, perfettamente gestito nel ruolo.
Poi Egiziano è El Sheita Elli Fat, Winter of discontent nella sezione orizzonti di Ibrahim El Batout, film sulla rivoluzione egiziana. O ancora Hiam Abbas, attrice palestinese che debutta alla regia con Heritage, tra le giornate degli autori.
Sempre di una donna, la cineasta saudita Haifaa Al Mansour, Wajda è la storia poetica e anticonvenzionale di una bambina che non vuole sottomettersi alle regole ferree della scuola coranica e di un mondo prevalentemente maschilista e settario.
Geniale seppur ironico, il film georgiano Keep Smiling di Rasudan Chkonia incentrato sull’allarmante vita dei reality shows e il ruolo di “carne” delle donne giovani contemporanee disposte a tutto pur di far carriera.
Mira Nair, geniale regista indiana, lei stessa di origine orientale, ma di formazione occidentale, apre il film festival con il bellissimo The Reluctant Fundamentalist, fuori concorso. La pellicola che esplora le divergenze sempre più incolmabili tra est e ovest, la paura del terrorismo dopo l’11 settembre in grado di alimentare anche giganti paranoie, si focalizza sulla storia di un ragazzo di Lahore, in cui, pregiudizi e stupidità, ne regolano la vita osservata dai servizi segreti. Un percorso eccellente di studi in America e la susseguente delusione dei valori da essa incarnati, fa riflettere su verità e finzione, sul mondo della finanza e la sua crisi, sui valori diversi che si propongono con il sogno americano e nei paesi che oggi originano genialità, definiti però “terzo mondo”. Assolutamente da vedere per la suspense che lo maschera da film d’azione, su cui invece si sedimentano valori e riflessioni profonde. Bravi Liev Shreiber e Riz Ahmed.
E l’occidente diviene ormai noioso, anche in pellicole autocelebrative ed estetizzanti sul vuoto cosmico che le contraddistingue.
Parte bene The Master di Paul Thomas Andersen, il sofisticato regista di Magnolia. La storia, riconducibile a sette filosofiche in cui la perdita di valori dell’occidente appunto, fa cadere in tranelli emotivi chi cerca supporto, ricalca l’idea di Scientology e il caso di Ron Hubbard. Il film è ambientato negli anni ‘50. Bella fotografia, bel cast, ma alla fine, come le torte che non lievitano bene, forse a causa delle troppe aspettative o di ingredienti mal amalgamati, il film si sgonfia e lascia un amaro in bocca.
To the wonder di Terrence Malick, vuoto e superficiale, più simile all’estetica di una pubblicità di Chanel che a un’opera cinematografica, delude su vari fronti.
Stupisce invece a ovest, in Italia, il lavoro di Ciprì: E’ stato il figlio che raccoglie una storia vera con fotografia stupenda e un approccio surreale, originale.
Forse perché la Sicilia è quasi araba!

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Lemale et Ha Chalal, Rama Burshtein

Interessante per l’occidente è invece nella 69°esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia la retrospettiva sui 29 tesori salvati, cioè film d’epoca che possono ancora essere visti e rivisti data la qualità eccellente e l’emanazione della storia che ha reso grande la cultura dei queste parti del mondo. Inoltre, com’è stato più volte rilevato da storici e ricercatori, i film della Mostra rappresentano un patrimonio prezioso, di rilevanza documentale. Spesso sono copie uniche di film considerati perduti, o di versioni che differiscono dalle copie poi distribuite commercialmente.
Il progetto della retrospettiva consiste nell’individuazione di un numero limitato di pellicole non altrimenti disponibili in copie 35mm o in Dvd, né tantomeno restaurate in precedenza.
L’operazione consentirà di rivedere e rendere disponibili film da tempo dimenticati o inaccessibili, avviandoli, dopo il restauro e la presentazione in prima mondiale a Venezia, verso future forme di diffusione culturale e commerciale.

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The Reluctant Fundamentalist, Mira Nair

Tra questi capolavori Pagine chiuse di Gianni Da Campo (Italia, 1968, 98’, 35mm, bianco e nero), la dolcissima storia ambientata nel veneto rurale di un bambino abbandonato dalla famiglia in collegio realizzato a zero budget, ma di grande eleganza.
Felice esordio cinematografico del regista e scrittore veneziano allora venticinquenne Presentato alla 29. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (1968) tra le polemiche, ottenne poi il premio della Giuria al festival di Cannes dell’anno successivo e numerosi altri riconoscimenti. Come quelli odierni immutati negli anni. 



La passione viene dal non avere qualcosa e dal desiderio che quest'assenza produce.
Rama Burshtein

Con questa potente affermazione tratta da un’intervista alla geniale regista Rama Burshtein, si apre il Festival del Cinema di Venezia che ha sorpreso quest’anno per la mole di film makers provenienti da paesi medio orientali che spesso hanno saputo sorprendere gli spettatori con film intensi, profondi, fuori o dentro il concorso.
È il caso dell’eccellente pellicola in concorso di Rama Burshtein, Lemale et Ha'Halal (Fill the void) in cui la regista spiega che la religione aiuta a preservare la passione e che essa è uno strumento molto potente in tal senso.
Incentrato su una forma d’integralismo connesso alla religione ultra ortodossa haredi, ramo dell’ebraismo, il film che è un misto di erotismo, eccitazione, dogma, paura e lutto, narra della storia di Shira, una giovane donna la cui vita assume un peso di grande responsabilità.
Incentrato sul misterioso stile di vita della comunità chassidica, si scopre che Shira ha perso sua sorella maggiore di parto. Il marito vuole risposarsi anche per dare una madre al figlioletto e sta per scegliere una donna che vive in Belgio. La madre di Shira allora le propone di rinunciare al suo futuro e di sposare invece il vedovo. Attrazione, desiderio, misto a paura, senso del dovere sono i binari su cui la trama si dipana. Bravissima Hadas Yaron, attrice esordiente, che ha vinto il premio coppa Volpi con questo personaggio.

 

 

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