Regia di Marco Ponti vedi scheda film
Di sinistro c’è la facilità con cui si producono inutili stupidine commedie come questa. Altro che passione: si tratta di pura assuefazione, ormai.
Uno spunto degno di una barzelletta, vecchissima, putrescente, basta oggi per metter su alla bell’e meglio un “film”, generosamente sostenuto da enti preposti e dall’insanabile incapacità di autocritica. Manca la consapevolezza: ma sì, facciamo una commedia che sappia far ridere la gente e la rivestiamo di una qualche (finissima) patina di riflessioni sociali-politiche-culturali.
Ah, che risate. E che pensieri profondi.
[Sprofondando sulla poltroncina in sala chissà perché mi tornavano in mente sublimi frammenti di Cinico Tv. Un peto è per sempre.]
Certamente l’aria che si respira è da subito pesante per via degli sgradevoli sforzi vocali di Marco Mengoni che “coverizza” la celeberrima Destra-Sinistra di Giorgio Gaber. Fortunatamente dura poco (ma è pur sempre troppo).
Didascalie e voci off campo sgombrano presto il campo dai presagi per dar consistenza funesta alla sciagura. I toni sono quelli carini e “brillanti” di opera simpatica leggera e al contempo impegnata.
Tutt'al più è “impregnata“. Di gags risapute, di siparietti finto moderni finto trasgressivi finto finti, di puerili giocherelli di parole (i titoli dei porno, che originalità!). Ed ovviamente di tutte le trovate che nello sciocco trastullamento degli opposti trovano la loro virtuale ragion d’essere (la realtà è un altrove misterioso e lontano, proprio come per i politici qui sbeffeggiati: bello vincere facile).
Ritratti di destra e sinistra, di quello che rappresentano/rappresenterebbero, fatti in maniera convenzionale quando non maldestra: Passione Sinistra imbocca solo sensi unici, si tiene al largo da strade “pericolose“, e poi, dato che il giro è breve (e il fiato è corto, e il respiro è prossimo all’ultima esalazione) ripete i propri passi e rifà il banale circuito da oratorio. Risultato: lo stato di stanchezza, di svagatezza è evidente, e la noia ingorda si mostra e si svende più di una escort.
La dimensione da farsa è conclamata, i suoi protagonisti sono personaggi(ni) in cerca di spessore.
Che non c’è: si fa molto prima a scarabocchiare storielle e schizzare macchiette. Com’è fisiologico, le poche idee decenti finiscono confuse nel balordo disegno elementare.
Fiera agente sul campo di siffatto misfatto è una Valentina Lodovini pessima, inguardabile, probabilmente convinta di stare a recitare in uno spettacolo amatoriale. Meglio, molto meglio, l’antagonista/interesse amoroso Alessandro Preziosi che, pur non strafacendo (impossibile del resto) almeno convince.
Comprimari al solito insulsi (ma pure Geppi Cucciari, suvvia …), con il solo Vinicio Marchioni a guadagnarsi la pagnotta (iniziassero magari a proporgli ruoli seri), mentre Eva Riccobono lascia intravedere qualche sfumatura interessante in una parte per la quale si potrebbe malignamente affermare che le sembra cucita addosso.
Segnalazione speciale per la divertita partecipazione di Marco Travaglio, evocato a più riprese (a sua insaputa, scommettiamo).
Chiude ancora una cover, ancora di qualcuno riveniente da un talent (lo stesso): The Final Countdown dei “gloriosi” Europe.
Mah.
Questo film dimostra chiaramente che Marco Ponti, regista e sceneggiatore, ha una sinistra passione per le brutture.
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