Regia di Luciano Martino vedi scheda film
Carlo Corsi riesce a portare, da allenatore, una squadra provinciale in serie A. Oltrettutto la punta di diamante della squadra è suo figlio Marco. A questo punto però la situazione degenera, con l'avvento del doping.
Una storia di grande pathos, con personaggi fortemente stereotipati e dialoghi retorici all'ennesima potenza; a ogni modo, L'ultimo rigore è un veicolo per un messaggio più che nobile - la condanna, ferma, verso ogni tipo di doping nello sport - che può suonare banale o sopravvalutato quanto si vuole, ma che comunque sia è importante diffondere. E, considerando il mezzo televisivo di destinazione del prodotto, non era facile diffondere tale messaggio in maniera più raffinata o artisticamente elaborata. Si tratta inoltre di una delle ultime regie per Sergio Martino, fra i principali fautori del cinema di genere nostrano fra i Settanta e gli Ottanta, poi dedicatosi quasi esclusivamente al piccolo schermo; tornerà in sala però qualche anno più tardi per girare il sequel di uno dei suoi titoli più celebri, L'allenatore nel pallone 2 (2008), altra incursione nel mondo del calcio. Lo sport nazionale non ha mai avuto fortuna sullo schermo e L'ultimo rigore parte già con presupposti limitanti (quelli relativi alla confezione televisiva, di cui sopra); i risultati sono per forza di cose mediocri, ma in ogni caso il film avrà sufficiente fortuna per portare alla realizzazione, quattro anni dopo, di un secondo capitolo (L'ultimo rigore 2). Sceneggiatura di Mimmo e Nicola Rafele, ai cui nomi si aggiungono, in fase di stesura del soggetto, quelli del regista e di Sauro Scavolini; nel cast compaiono fra gli altri Enzo De Caro, Felice Andreasi, Primo Reggiani, Mirko Petrini, Marina Viro; due canoniche puntate da cento minuti circa ciascuna, appositamente per la trasmissione in prima serata. 2,5/10.
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