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Bellas Mariposas

Regia di Salvatore Mereu vedi scheda film

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La recensione su Bellas Mariposas

di OGM
8 stelle

Non è spagnolo. È lingua sarda campidanese. È la frase con cui Caterina e Luna descrivono le loro labbra, che sembrano farfalle. Un desiderio di leggerezza liberatoria in chiusura di una storia pesante, che hanno attraversato con la spensierata levità della loro adolescenza. Si vive ammassati ed in perenne guerra, dentro i casermoni della periferia di Cagliari. Nell’appartamento della famiglia Frau abitano troppi figli e troppo poco amore. La madre sovraccarica di lavoro non fa che litigare col padre eternamente sfaccendato. E intanto i loro ragazzi si inventano ciascuno una diversa via di fuga, che può anche essere mortalmente pericolosa come quella del crimine, della droga, della prostituzione. Sono  gli amari, ma in fondo pittoreschi diversivi al disagio che non trova altro sfogo. Tutto è un gioco in cui non ci si può più permettere di essere bambini, perché bisogna saper tenere testa ai grandi. Caterina mostra la sua casa e parla di sé in prima persona, con gli occhi puntati verso  l’obiettivo, come per rivolgersi ad un interlocutore invisibile, che sta girando una sorta di reality sulla sua vita. L’azione, per un qualche istante, si interrompe, e la ragazza si lascia spiare, magari dentro alla stanza da bagno, che, per i Frau, è il luogo più intimo, l’unico nel quale ognuno possa starsene in pace. Caterina vuole che sia chiaro che lei non ha niente da nascondere. È  sincera e trasparente, nonostante sia circondata da un intricato sistema di sotterfugi, menzogne, vizi e tradimenti.  Ad uno dei crocevia di questo oscuro labirinto, si trova  Samantha Corduleris, che finge vergine mentre, in realtà, si prostituisce abitualmente, dentro un autobus abbandonato, per i giovani ed i vecchi del quartiere. È un modo perverso di aderire al mondo degli adulti, e Caterina e Luna non ci stanno. Smaliziate sì, ipocrite no. Sanno godersi la vita con semplicità, e senza avere paura. Alla dilagante superficialità Caterina risponde con un amore segreto provato per Gigi Nioi, il ragazzino paffutello e miope che suo fratello Tonio continua a molestare barbaramente, fino a minacciare di ucciderlo. All’approccio di un maniaco, le due amiche rispondono con un sadico scherzo. Sanno il fatto loro, e, tra le righe, si divertono.  Con un pizzico di incoscienza hanno imboccato la strada della difesa fantasiosa, mirata e mai casuale. Seguono una strategia originale e personalissima. Sono ben diverse dai loro coetanei maschi, che aggrediscono per puro istinto, trasformando la rabbia in violenza diretta contro sé e contro gli altri. L’universo femminile trionfa in virtù del suo estro debordante, che è un’esplosione dell’intuito, e si trasforma in lungimiranza. Guardare oltre, staccandosi dall’immediatezza, è la sua forza magica che vince la brutalità dell’ovvio.   Così accadeva già  ne I baci mai dati, nella Sicilia di Roberta Torre.  Nella Sardegna di Salvatore Mereu, la periferia è  di nuovo affollata e pettegola, carica di pregiudizi e superstizioni, ma qui il canto corale si sgretola in un individualismo brulicante, privo di punti di aggregazione. Ad ognuno la propria visione del mondo, ad ognuno il suo destino. Un’indovina, sbucata dal nulla, rivela le invisibili linee di demarcazione che separano le vite degli abitanti del rione Santa Lamenera, i quali si radunano negli spiazzi e sulle scalinate, avendo però ognuno un’idea diversa in testa. Nel mucchio sparso c’è chi pensa all’amore, chi alla morte, chi ai soldi, chi al sesso. La commedia di costume si è sciolta in una ridda di passioni che non si incontrano. È lo specchio del moderno spirito popolare, sfaccettato in tanti egocentrismi. La maggioranza di questi sono soltanto volgari; ma, lì in mezzo, può fiorirne anche qualcuno vivace e delicato. Un io cresciuto selvaggio, ma col sorriso sulle labbra,  che non si piega e non si lascia contaminare.

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